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Impronte digitali presidi: “guerra fredda” tra dipendenti e Ministero

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Tra telecamere nelle aule e rilevatori di impronte digitali agli ingressi, si prospetta un clima da “guerra fredda” tra dipendenti e ministero dove i rapporti saranno garantiti più da uno scambio tecnologico che non da un rapporto umano.

La storia documentata ci dice, purtroppo, che in tante situazioni la scaltrezza ha preso il posto della fiducia tra persone. Nel 2014, l’Autorità della Privacy ha pubblicato le “ Linee-guida in materia di riconoscimento biometrico e firma grafometrica”.

Il documento presenta un sicuro profilo di interesse, costituito dall’elencazione dei principi in base ai quali si può (deve) stabilire se è un trattamento di dati biometrici sia o meno realizzabile: Liceità, Necessità, Finalità e Proporzionalità. Il punto più tranciante è sicuramente quello della cd. “Necessità” del trattamento del dato biometrico.

L’Ordinamento, in estrema sintesi, vieta l’utilizzo dell’impronta digitale al posto del cd. “cartellino” oppure badge magnetico proprio perché tali metodi esistono e sono, in genere, seppur non ugualmente efficaci e precisi, sostanzialmente equiparabili allo strumento tecnologicamente più avanzato.

Oggi si prevede l’obbligo di sistemi di rilevazione biometrica delle presenze perché sono compatibili con la “legge sulla Privacy” (Il Garante della Privacy ha dato parere favorevole (provvedimento n.357 del 15 Settembre 2016) in merito all’installazione di un sistema di rilevazione presenze biometrico ( con impronte digitali) sul luogo di lavoro. In seguito all’istanza presentata da un’azienda ospedaliera del Sud, è stato riconosciuto legittimo l’installazione di un sistema di rilevazione presenze con impronta digtale, al fine di prevenire gli abusi (nel caso specifico “cedere il badge a un collega affinché timbri al suo posto”). È chiaro che questa nuova visione del controllo deve essere coerente con la complicance del General Data Protection Regulation (GDPR), dove la protezione dei dati personali è legata al profilo dei diritti e delle libertà fondamentali. Il trattamento di dati biometrici, secondo le indicazioni del Regolamento comunitario n. 679/2016 (ex art. 4, comma 1, punto 14): «dati biometrici»: i dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l’identificazione univoca, quali l’immagine facciale o i dati dattiloscopici»), dovrebbero essere utilizzati a fronte di una esigenza “indilazionabile” di identificazione o autenticazione univoca di una persona fisica: in casi eccezionali e limitati.

Tali dati personali non dovrebbero essere oggetto di trattamento, a meno di una forte giustificazione motivazionale, coerente con il Regolamento comunitario, tenendo conto che l’acquisizione di tali dati dovrebbe essere legata ad un compito di interesse pubblico o per l’esercizio di pubblici poteri collegati ad “esigenze strategiche e di sicurezza nazionale”.

Come funzionano i procedimenti biometrici?

L’espressione biometria deriva dal greco e contiene le parole “bios” (vita) e “metron” (misura). La biometria è quindi la scienza che si occupa dell’applicazione di metodi matematico-statistici per la rilevazione di tratti peculiari fisici e comportamentali degli esseri viventi. A seconda di quale caratteristica viene presa in esame, varia il grado di precisione con cui la persona può essere identificata. Nella prassi, l’impronta digitale e la scansione dell’iride si sono dimostrate le caratteristiche più adatte ai sistemi biometrici. L’impronta digitale, secondo i sondaggi più recenti, gode del più alto consenso tra gli utenti. Indipendentemente dal procedimento, in un efficiente lettore biometrico viene prodotto un campione (template di referenza). A tale scopo, l’utente registra dapprima nel lettore la caratteristica biometrica, che viene poi trasformata in un codice binario e salvata. È possibile fin da subito l’uso del lettore, il quale mette a confronto la caratteristica biometrica e il campione. Se questi coincidono, viene consentito l’accesso.

La reazione dei presidi

Come prima ed immediata azione di protesta della categoria dei Dirigenti scolastici lancia l’hashtag #iocisono, invitando tutti i presidi ad inviare l’immagine di un’impronta digitale via twitter ai Presidenti della Commissione 7° e 11° del Senato Vengono comunicati inoltre ulteriori ampie iniziative di mobilitazione e di protesta, tra le quali un Presidio al Senato nei giorni in cui si discuterà il disegno di legge Concretezza e la proclamazione dello sciopero della dirigenza scolastica nella giornata del 17 maggio 2019, in cui è già previsto lo sciopero che coinvolgerà tutta la scuola.

Bongiorno: controllo biometrico per trasparenza

“Le critiche all’introduzione dei controlli biometrici ai dirigenti scolastici non solo si basano su una erronea lettura della norma, ma sono anche fuorvianti: non tengono conto del fatto che ancora non è stato emanato il decreto sulle modalità attuative”. Così il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, in una nota. L’obiettivo, spiega, è “rendere più trasparente la loro presenza in servizio”, anche per “ragioni di sicurezza”. Non si tratta dell’obbligo “di un orario settimanale di lavoro, ma l’utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati.

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