AlmaLaurea lancia il suo report 2020 nella sede del Mur, sottolineando che l’emergenza coronavirus “peserà sul profilo dei laureati protagonisti del Rapporto 2021 e sulla loro condizione occupazionale”.
In ogni caso, su oltre 290mila laureati di 75 Atenei, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni è più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici dei professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti.
Ma non finisce ancora: “L’età media alla laurea per i laureati del 2019 è stata pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. L’età alla laurea è, quindi, diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27,1 anni nel 2009, di oltre un anno più elevata rispetto alla situazione attuale”.
Il documento sottolinea inoltre che “la regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un marcato miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale ha raggiunto il 55,7%, in particolare il 61,0% tra i magistrali biennali, il 56,1% tra i laureati di primo livello e il 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. Peraltro – si legge ancora nel rapporto – se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su 100, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%)”.
“Si registrano differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell’ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più”.
Immutato il voto medio di laurea, “negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2019 l’incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello e’ di 7,7 punti su 110)”.
Infine, “la quota di laureati di cittadinanza straniera è del 3,7%. Si tratta in misura crescente di giovani che provengono da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 42,0% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese: tale quota era il 28,2% nel 2011”.
Vengono confermate le tradizionali differenze di genere e territoriali, “mostrando la migliore collocazione degli uomini (+19,2% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne) e di quanti risiedono o hanno studiato al Nord (per quanto riguarda la residenza, si registra un +40,0% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti risiedono al Sud; per quanto riguarda la ripartizione geografica di studio, un +63,7% di probabilità di essere occupati rispetto a quanti hanno studiato al Sud). La retribuzione mensile netta a un anno dal conseguimento della laurea è, nel 2019, in media pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello”.
Un altro dato sconfortante è quello che riguarda la cosiddetta fuga dei cervelli: quasi la metà è pronto ad andare all’estero dopo la laurea. Questa disponibilità è dichiarata dal 47,3% dei laureati contro il 41,5% rilevato nel 2009: è il 48,8% per i laureati di primo livello, 43,3% per i magistrali a ciclo unico e 46,1% per i magistrali biennali, mentre il 31,8% degli interpellati si dice pronto a trasferirsi in un altro continente. Si rileva una diffusa disponibilità ad effettuare trasferte anche frequenti (28,1%), ma anche a trasferire la propria residenza (48,1%) mentre solo il 3,1% non è disponibile a trasferte.
E infine le donne che “sono svantaggiate sul lavoro rispetto agli uomini e hanno subito un vero e proprio tracollo occupazionale. Oltre alle donne il settore più sacrificato è il Sud”.
“Per quanto riguarda il diritto allo studio se il diplomato guadagna 100, il laureato guadagna 140, cioè il 40% in più e ha il 13% di probabilità maggiori di trovare lavoro”.
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