A trent’anni dalla nascita, l’Erasmus continua a spostare ogni anno centinaia di migliaia di ragazzi e adulti in tutta Europa. Nel 2015, sono state 678.000 le persone che hanno partecipato al programma con l’Italia tra i Paesi più coinvolti: quinta per il numero di arrivi e quarta per le partenze di studenti universitari, stringendo legami con amici di altri Paesi europei, imparato a conoscerne le diverse culture e magari trovato l’amore della vita. E infatti secondo le stime, dal 1987 sono già un milione i bambini figli di ‘coppie Erasmus’. Molti dei quali, a loro volta, sono già stati all’estero. “L’Erasmus è una palestra di cittadinanza europea praticata”, riassume l’eurodeputata Silvia Costa. Il modo migliore per celebrare i trent’anni del programma, spiega, “è rendere le generazioni Erasmus protagoniste nella grande missione di costruire anticorpi etici e culturali contro l’egoismo, i muri e le divisioni che stanno attraversando il nostro Continente”.
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Nel 2015 sono stati oltre 31 mila gli studenti universitari che sono andati all’estero, circa 21.500 quelli accolti dagli atenei italiani.
In testa alla classifica delle università ci sono Bologna, Roma La Sapienza e il Politecnico di Milano. Ma i numeri si allargano sempre di più, anche perché negli anni il programma si è evoluto, aggiungendo un più al nome, Erasmus+, e coinvolgendo oltre agli studenti anche educatori, tirocinanti, adulti impegnati in programmi di scambio. Con Spagna, Francia e Germania in testa alle destinazioni più gettonate per l’Italia.
Ed è italiana quella che è considerata la ‘mamma’ dell’Erasmus. Alla fine degli anni ’50 la studentessa Sofia Corradi trascorse un anno a studiare giurisprudenza alla Columbia University di New York. Al suo rientro la sua università, La Sapienza, non le riconobbe quell’anno di studio. Cominciò così una lunga battaglia che, quasi 30 anni dopo, contribuì a dare il via al programma. Un progetto che nel giro di trent’anni ha segnato profondamente la vita di 850 mila italiani