La domanda, in Italia, è in crescita: dall’indagine nazionale “Chiedimi come sto” condotta nel 2022 dalla Rete degli studenti ed elaborata da IRES (Istituto Ricerche Economiche e Sociali) su un campione di 30.000 giovani emerge che il 91% degli intervistati ritiene utile la presenza dello psicologo scolastico e ritiene che il servizio dovrebbe essere ampliato.
L’Ordine delle psicologhe e degli psicologi di Bolzano in un comunicato, risponde che la scuola italiana da 20 anni fruisce della figura della/o psicologa/o scolastico.
In Sudtirolo, in collaborazione con l’Intendenza scolastica italiana, l’Ordine sostiene il Progetto “…Parliamone”: uno sportello di ascolto che prevede la presenza di uno psicologo scolastico in ogni scuola italiana della Provincia che tuttavia, sono solo circa il 20% del totale sul territorio provinciale.
Il problema risiederebbe invece nelle scuole di lingua tedesca, dove “sempre più giovani e sempre più insegnanti esprimono il bisogno di avere lo/a psicologo/a a scuola”.
Anche in Alto Adige si manifestano varie forme di disagio giovanile: “Abuso di alcol o sostanze, video dipendenza, disturbi alimentari, autolesionismo. In generale, si rileva una crescita dei disturbi di tipo ansioso, depressivo, di ritiro sociale, ma anche episodi di bullismo, di violenza e di illegalità diffusa, rapine ed aggressioni fisiche”.
La seconda causa di morte fra i giovani in Alto Adige è il suicidio, “soprattutto nei gruppi linguistici ladino e tedesco”, mentre la prima causa di morte sono gli incidenti stradali, “spesso causati da abuso di alcol, quindi un’ulteriore manifestazione di disagio”.
Troppo socialmente tollerato, sempre.
“Non è, a nostro avviso, compito di docenti o di pedagogisti sociali farsi carico di criticità legate a questioni che afferiscono alla salute mentale, di pertinenza delle professioni sanitarie, come è quella della/o psicologo/a” sottolinea l’Ordine delle psicologhe degli psicologi, “la presenza delle psicologhe e degli psicologi scolastici non rappresenta un ulteriore aggravio per la scuola, ma anzi, è un sostegno e un aiuto costante e concorre a fornire un’offerta formativa ancor più completa e realmente rispondente ai bisogni delle nostre figlie e dei nostri figli”.
L’intendente scolastica delle scuole elementari, medie e superiori di lingua tedesca, Sigrun Falkensteiner, respinge la richiesta dell’Associazione psicologica. La psicoterapia e l’eventuale trattamento psichiatrico necessario di giovani e bambini non rientrerebbero nell’ambito di competenza della scuola: “Soprattutto se si desidera un ulteriore sostegno, noi come scuola entriamo in un ambito che non è assolutamente nostro e in cui non hanno nulla né devono cercare. È una situazione molto personale. Se qualcuno deve prendere farmaci o meno non è affar nostro come scuola”.
Al tempo spesso il presidente dell’Ordine degli psicologi avverte: nessuna interferenza, compiti distinti.
In tutta questa diatriba, il mio personale parere è che al centro andrebbero posti semplicemente i bisogni e le esigenze dei ragazzi.
Non vedo nulla di buono nel tenere nettamente separate le due figure professionali, che invece dovrebbero cooperare e lavorare in team. I docenti sensibili e interessati dovrebbero poter frequentare corsi di formazione e aggiornamento su questi temi e ricevere nelle scuole corrispondenti ruoli di funzione obiettivo e coordinamento.
La scuola non dev’essere luogo di scontro e polemiche ma di accoglienza e disponibilità.
Se mancano queste premesse possiamo chiamare anche un premio Nobel, ma sarà dura. Lavorino insieme, psicologi e insegnanti.
Perché solo chi è in classe tutti i giorni può vedere. Solo chi ha sufficientemente formazione può capire e indirizzare dapprima l’insegnante, i genitori, il collegio docenti e quindi specialisti esterni se e quando necessario.
In qualsiasi luogo e tempo, il Cooperative Learning impariamolo soprattutto noi adulti.
Simonetta Lucchi
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