“L’innovazione è il cuore del nostro tempo e il nostro tempo offre a chi ci prova e a chi si mette in gioco una grande occasione. Ecco perché l’Italia ha bisogno di provare concretamente a creare le condizioni perché la crescita torni stabilmente nel nostro Paese” (Matteo Renzi celebra i 70 anni della Vespa).
Coerenza vorrebbe che all’enunciato seguisse l’azione: “Correggeremo gli errori sulla scuola” (sono le parole del premier), perché la formazione dei giovani è la carta vincente.
Molti e diffusi sono i vizi che inficiano “La buona scuola”, la loro rimozione è improcrastinabile.
Il titolo della legge 107 é l’errore più macroscopico: non più sistema educativo (legge 53/2003) ma sistema nazionale di istruzione.
A una visione di lungo periodo, avente come cardine lo sviluppo delle capacità degli studenti, è contrapposta una prospettiva di breve periodo: i giovani devono adeguarsi all’esistente.
Si tratta di una scelta strategica sovversiva: la spinta innovatrice dell’autonomia scolastica é sterilizzata. Da un lato “si sostanzia di progettazione educativa, formativa, dell’istruzione” (DPR 275/1999), dall’altro lato è funzionale delle diverse esigenze amministrative: futuro VS difesa dello status quo.
L’elenco delle note dolenti è corposo, se ne trascrivono solo due. Il paragrafo 7 de “La buona scuola”, che elenca gli “obiettivi formativi prioritari”, confonde la finalità del sistema educativo con le modalità operative: prevenire la dispersione, apertura pomeridiana degli istituti, individuare percorsi funzionali alla premialità .. sono alcune delle chicche .. e la gestione scolastica è scaraventata nell’indeterminatezza; il principio di distinzione, fondamento della scienza dell’organizzazione, è infranto: la figura del controllore e quella del controllato coincidono.