Chiarisco fin da subito che scrivo queste mie considerazioni da insegnante e da cittadino che non ha votato il M5S. Sento la necessità di questo chiarimento iniziale altrimenti si potrebbe pensare ad una difesa d’ufficio da parte di un simpatizzante politico.
La spinta a prendere posizione invece deriva dai continui, instancabili e infondati attacchi di cui fin da subito è stata oggetto l’attuale Ministra dell’Istruzione.
È chiaro che il Ministero dell’Istruzione (che a me piacerebbe tornasse a chiamarsi Ministero della Pubblica Istruzione) è effettivamente un ministero difficile non solo per la quantità di cittadini che, direttamente (dipendenti e studenti) e indirettamente (famiglie) sono toccati dalla sua amministrazione, ma per la loro eterogeneità: il mondo della scuola è fatto di gruppi molto spesso – là dove purtroppo ognuno guardi al proprio ‘particulare’ – con interessi apparentemente contrapposti.
La Ministra Azzolina ricopre tale ruolo dal 10 gennaio 2020, appena due mesi prima dell’esplosione conclamata della pandemia di Covid-19 che portò alla necessaria chiusura dell’Italia per farvi fronte. Il numero di persone che sono coinvolte nel funzionamento della scuola, dai docenti di ogni ordine e grado agli studenti, alle rispettive famiglie e ai trasporti è tale che la decisione di chiudere le scuole fu purtroppo l’unica soluzione razionale che poteva essere adottata in quel contesto a meno che l’Italia non avesse voluto trovarsi nella disperata situazione in cui si trovano oggi Brasile e Stati Uniti per l’irresponsabilità di chi sosteneva allora e oggi ancora si ostina a sostenere che non si tratta di niente di più di un’influenza salvo magari esserci passato direttamente come il Premier inglese Boris Johnson che avendo rischiato la propria vita è rimasto folgorato sulla via di Damasco e si è così ricreduto.
È bene ricordare che fra i più feroci critici della Ministra Azzolina c’è il segretario della Lega, Matteo Salvini, che invitava, quando l’Italia stava entrando nell’occhio del ciclone della pandemia a riaprire tutto, a rimandare i bambini a scuola così come il segretario di Italia Viva, Matteo Renzi, attaccava la Ministra sostenendo la necessità, già prima di Pasqua, di riaprire la scuola.
Ebbene, chiudere la scuola è stato un doloroso – e solo chi veramente ha a cuore la pubblica istruzione può capirne la drammaticità – ma necessario atto di sanità pubblica. La Ministra si è quindi trovata a gestire – unico ministro nella storia dell’Italia repubblicana – una situazione del tutto inedita e nonostante le difficoltà, e i limiti, ma soprattutto grazie alla generosità di gran parte del personale scolastico, la Didattica a Distanza ha permesso di arginare i danni: si è trattato di una misura emergenziale in una situazione di emergenza. Tutti quelli che lavorano nella scuola sanno che la DAD non è scuola: l’insegnamento è tale solo se il docente riesce a proporsi come modello ai propri studenti e riesce a stabilire con loro un rapporto di empatia che ne permette la crescita e la kantiana “uscita dalla minorità”, cosa che una lezione tramite webcam non può assolutamente permettere; dunque, la DAD è stata sicuramente all’altezza del suo compito emergenziale ma non può, e nessuno, tanto meno la ministra, l’ha mai considerata un sostituto della lezione in presenza.
Stante questa situazione pandemica e i pochi mesi da cui la ministra ricopre tale ruolo tuttavia il Governo ha riversato sulla scuola una mole di investimenti mai visti, ha fatto regolarmente svolgere le operazioni di trasferimento (che i sindacati avrebbero voluto rimandare e la cui proroga si sarebbe accavallata con nomine in ruolo e supplenze generando ulteriore caos) e ha, per la prima volta nella storia, digitalizzato le graduatorie dei supplenti (e le difficoltà informatiche che ne sono seguite sono legate, è bene ricordarlo, al fatto che, causa la pandemia, il ministero avrebbe voluto posticipare all’anno successivo l’entrata in funzione della digitalizzazione e invece su pressione sindacale si è dovuto procedere immediatamente).
Dimenticavo, ulteriore motivo di scontro è stato l’aver preteso l’espletamento dei concorsi per l’assunzione in ruolo come Costituzione prevede: ma dov’erano i sindacati che in questa situazione non volevano i concorsi quando il governo d’emergenza Monti, in piena crisi da spread, con Profumo ministro, decise di fare un concorso per il ruolo quando ancora le graduatorie di abilitati dalle vecchie scuole SISS (quelle sì con esame d’ammissione, esami durante i due anni di corso ed esame di stato finale) erano stracolme?
Leggiamo in questi giorni dai giornali che il posto della ministra Azzolina sarebbe ambìto da PD e Italia Viva: fosse anche solo per questo chiedo alla Ministra Azzolina e al Presidente del Consiglio Conte di resistere alle pressioni con le unghie e con i denti. Degli appetiti renziani tutti ne hanno memoria: la legge 107 è stata una delle più esiziali nella storia della pubblica istruzione. Chiamata diretta dei Presidi, alternanza scuola-lavoro ecc.. tutte misure nel solco delle riforme targate Centrodestra, Moratti, Gelmini, Aprea (so benissimo che l’Aprea non è mai stata ministro – fortunatamente – ma è sempre stata l’eminenza grigia dei ministri dell’istruzione dei governi Berlusconi) con l’unica differenza che bersaglio principale di quei ministri fu tagliare (da qui lo spropositato aumento delle cosiddette classi-pollaio) basandosi sulla brunettiana idea dei dipendenti pubblici fannulloni e sulla tremontiana idea che con la cultura non si mangia.
Negli ultimi giorni alle sgangherate uscite di Salvini si aggiungono le quotidiane esternazioni della Presidente del Senato Casellati, forse dimentica del suo ruolo istituzionale: pensi alla reintroduzione dei vitalizzi piuttosto che occuparsi del mondo della scuola; ma anche le interviste che Fioramonti, che Dante avrebbe collocato nell’antinferno, fra gli ignavi, come Celestino V «che fece per viltade il gran rifiuto», si sente in obbligo di rilasciare contro la ministra: ma come scrive ancora il sommo poeta «fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Ripercorrere l’intera storia del progressivo disfacimento della pubblica istruzione sarebbe cosa lunga e non certamente materia di questa mia presa di posizione, ma ovviamente sarebbe interessante si aprisse su di esse una pubblica discussione.
Voglio concludere con un appello alla ministra: resista, Ministra, resista; il mondo della scuola non è fatto solo dai sindacati che tutelano il proprio ruolo a scapito spesso del valore di una seria istruzione, né quelli che guardano al proprio orticello e perdono di vista l’importanza del ruolo che ricoprono – o dovrebbero ricoprire – in qualità di insegnanti; il mondo della scuola è fatto anche da chi sa bene cosa hanno significato i tagli operati fino ad oggi dai diversi ministri succedutisi, le riforme prive di una visione d’insieme accavallatesi e le semplificazioni/facilitazioni che hanno voluto propagandare la falsa idea che la scuola di massa sia la scuola facile, utile, questa sì, a sfornare manodopera docile e funzionale.
Roberto Rossetti