In due anni hanno chiuso 415 istituti non statali frequentati da circa 900mila gli alunni a causa sia della crisi economica, che non consente più a molte famiglie di pagare la retta, e sia per la crisi demografica.
L’Avvenire pubblica questi dati, affidandosi pure alla teoria del “costo standard” della cui promozione da qualche tempi si fa portavoce suor Anna Monia Alfieri: «Ogni scuola paritaria che chiude aumenta la spesa a carico dello Stato», mentre con l’introduzione del “costo standard di sostenibilità”, pari a un contributo di 5.200 euro per tutti gli alunni, sia della statale che della paritaria, «Lo Stato, che oggi spende circa 8mila euro per ogni alunno della statale e 500 per ciascun ragazzo della paritaria, farebbe un’intelligente operazione di riallocazione delle risorse, con risparmi annui di 2,7 miliardi di euro».
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Se tuttavia, come ha sostenuto uno studio della Fondazione Agnelli, questi 900 mila ragazzi delle private venissero suddivisi, come accadrebbe se tutti si iscrivessero alla scuola pubblica, all’interno delle miglia di classi di tutte le scuole italiane, distribuite fra le regioni, le provincie, i comuni e poi gli ordini di scuola, non ci sarebbe nessun costo aggiuntivo. Solo qualche unità in più e quindi solo qualche sedia in più da aggiungere.
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