Mentre in Italia infuria la polemica dopo i tafferugli di mercoledì tra studenti e polizia all’università “La Sapienza” di Roma (con gli studenti che tentavano di forzare il blocco degli agenti che li respingevano dentro l’ateneo nel momento che il corteo, non autorizzato, voleva raggiungere la manifestazione indetta da Flc Cgil e Gilda nell’ambito dello sciopero generale della scuola e dell’università) e soprattutto dopo le parole del ministro Brunetta che ha qualificato come “guerriglieri” gli studenti dell’onda, in altri Paesi europei prosegue la mobilitazione.
In Spagna, dopo lo sgombero dell’ateneo di Barcellona cresce il movimento di solidarietà agli studenti in lotta per una università che non sia pesantemente condizionate da interessi privati.
In Francia, giovedì c’è stata una mobilitazione superiore a quella dello scorso 29 gennaio, quando erano scesi in piazza due milioni e mezzo di persone (si parla adesso di un 25% in più di partecipanti). Oltre 200 le manifestazioni in tutta la Francia (le principali a Parigi e a Marsiglia) cui hanno partecipato molti lavoratori dell’industria e di altri settori privati insieme a docenti, studenti e dipendenti pubblici. Una massiccia mobilitazione – che pare abbia un altissimo sostegno nell’opinione pubblica francese – per chiedere garanzie e tutele per il futuro; in particolare, il mondo della scuola rivendica la centralità del sostegno all’istruzione.
In Italia, oltre una dozzina di organizzazioni sindacali ed associazioni professionali rivolgono un appello al mondo universitario, per impedire la cancellazione degli atenei pubblici e per rilanciare il confronto politico ed istituzionale, ed invitano alla mobilitazione.
Questo l’appello di Adu, Adi, Andu, Apu, Cisal Università, Cisl Università, Cnu, Cnru, Flc Cgil, Sun, Uil Pa.-Ur. Afam, Udu, Ugl Università e Ricerca:
“Nell’ottobre 2008 abbiamo proposto al mondo universitario e inviato al Governo, alle Commissioni parlamentari e a tutti i Gruppi parlamentari, un Programma per l’Università dove si indicava la direzione per affrontare i principali nodi dell’Università italiana: sistema di finanziamento; reclutamento, avanzamento e stato giuridico della docenza; governo dei singoli Atenei e del sistema nazionale; diritto allo studio; didattica; valutazione; dottorato di ricerca.
Nessun confronto si è da allora realizzato con le istituzioni, mentre il Governo e il Parlamento hanno continuato ad adottare provvedimenti improvvisati e parziali, che hanno ancora di più aggravata la crisi dell’Università senza risolverne le attuali indubbie criticità, da noi sempre sottolineate. Questa situazione non è più sostenibile ed occorre che l’intero mondo universitario ne prenda atto per impedire ulteriori provvedimenti negativi per l’Università pubblica e per rilanciare il suo ruolo centrale per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Nel riproporre oggi il nostro Programma al Governo, alle Commissioni parlamentari, a tutti i gruppi parlamentari e a tutti i partiti, rinnoviamo con forza il nostro invito a un confronto immediato, reale e approfondito.
Tutti i componenti del mondo universitario devono impegnarsi in prima persona per impedire la cancellazione dell’Università pubblica, destino al quale essa è condannata per i tagli decisi per il 2010. L’abolizione dei tagli e nuovi consistenti finanziamenti sono solo la premessa per il rilancio dell’Università che richiede anche un intervento legislativo che affronti le questioni nella direzione indicata nel nostro Programma, in un contesto europeo e mondiale che ha fatto dell’investimento nella conoscenza uno degli strumenti fondamentali per il superamento della crisi economica.
Non c’è più tempo e per questo invitiamo a convocare, a partire dalla prossima settimana, in tutti gli Atenei assemblee aperte a tutte le componenti, e indiciamo un’assemblea nazionale a Roma da tenersi nella seconda metà di aprile”.
Intanto, il ministro Mariastella Gelmini fa sapere in un comunicato ministeriale, di cui diamo notizia in altra parte del sito, che nel quadro di razionalizzazione dei corsi di laurea “a partire dal prossimo anno accademico i corsi di studio degli Atenei si ridurranno del 20% rispetto a quelli attivati quest’anno”.