Nella scuola francese la violenza è dilagante e gli insulti agli insegnanti, e al personale della scuola, sono all’ordine del giorno. Per porre fine, o almeno per cercare di arginare questo fenomeno, il Parlamento francese ha varato la legge Perben (in italiano è un curioso accostamento, ma il nome è quello del Ministro della Giustizia Dominique Perben) che prevede la reclusione, per gli studenti, ma anche per i genitori, che oltraggiano gli insegnanti, fino a sei mesi e il pagamento di una multa di 7.500 euro (circa 15 milioni di lire).
Diversi lettori ci hanno chiesto, increduli, come sia possibile comminare pene così severe per fatti che attengono alla vita di scuola.
In Francia l’opinione pubblica è divisa. Il sindacato degli insegnanti Snalc manifesta viva soddisfazione per l’approvazione della legge, mentre l’Unsa Education e Fsu sono assolutamente contrari. Alcuni magistrati criticano il ricorso ad una normativa essenzialmente "sbrigativa e repressiva".
L’opposizione socialista ha annunciato, contro la legge, il ricorso al Consiglio Costituzionale.
In verità, com’evidenzia il giornalista Patrice Burnat su "Le Figaro" del 5 agosto, queste pene non sono nuove, erano già previste in una precedente legge, risalente addirittura al 19° secolo ed erano comminate a chi si macchiava d’oltraggio rivolto al "pubblico ufficiale" (magistrato, agente della Rapt, controllori ed insegnanti).
Nessuno ha mai protestato contro le sanzioni comminate a chi oltraggia un poliziotto o un magistrato. Perché protestare, quindi se il provvedimento riguarda la tutela dei docenti?
E dalla parte degli insegnanti offesi, Burnat fornisce alla vicenda una chiave particolare di lettura: chi ha detto loro, scegliendo di fare gli insegnanti, che stavano per intraprendere una professione a rischio?
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