La notizia è data dalla Flc-Cgil che si chiede che cosa abbia messo gli instituteurs francesi, tradizionalmente un pezzo forte dell’elettorato socialista, contro il ministro dell’educazione, anch’egli socialista, Vincent Peillon? È presto detto: è la ventilata riforma dei ritmi scolastici che il nuovo ministro si appresta a varare.
È noto che la scuola elementare francese è da tempo “immemorabile” caratterizzata da una settimana di apertura che non corrisponde al tempo di lezione. In particolare in passato le lezioni erano organizzate su 5 giorni (lunedì, martedì, giovedì, venerdì e sabato) o meglio su 4 giorni e mezzo, perché mentre gli altri giorni della settimana le lezioni si svolgevano sia al mattino che al pomeriggio (l’insegnante era ed è tuttora unico ma lavora con un orario spezzato, mentre gli spazi intermedi sono curati da aiutanti o animatori), il sabato si svolgevano solo al mattino.
Il mercoledì era curato da animatori, spesso comunali, per attività sportive, artistiche e culturali. Sotto Sarkozy, ministro dell’educazione Xavier Darcos, i giorni erano diventati 4 prendendo atto delle numerose defezioni del sabato, che di conseguenza era stata pensata come mattinata dedicata al recupero con frequenza obbligatoria per quegli alunni che ne necessitavano.
In questo modo l’orario di lezione, vero e proprio, si è ridotto a 24 ore frontali spalmate su 4 giorni, mattina e pomeriggio.
Il che ha avuto come conseguenza la costrizione dei programmi scolastici in 6 ore di orario giornaliero, grosso modo 4 al mattino e 2 al pomeriggio, per un totale di 144 giorni di lezione all’anno (contro una media OCSE di 187 giorni): un tempo scuola giudicato troppo pressante per le alunne e gli alunni d’oltralpe, sia sull’arco giornaliero che su quello annuo, in un sistema scolastico che è considerato tra i più severi e stressanti del mondo (secondo solo a quello giapponese, stando ad alcune stime!).
Ciò secondo il Ministro Peillon giustificherebbe il ritorno della distribuzione delle 24 ore di lezione frontale, che restano immutate, su 4 giorni e mezzo, lasciando alle autorità locali o alle scuole la scelta se optare per il mercoledì o il sabato libero, il che porterebbe comunque le giornate di lezione a 180 l’anno.
Ma come si vede la soluzione non sembra attrarre molto la categoria, che pure si era opposta a suo tempo anche alla riduzione operata da Darcos, e le proteste non si sono fatte attendere.
E non sono solo i maestri a protestare. Anche gli animatori delle attività culturali sportive ed artistiche sono in agitazione. Lo spostamento dei loro orari a fine lezione distribuiti su tutti i giorni della settimana provoca uno spezzettamento delle attività e l’eventuale scelta del sabato come giorno libero dalle lezioni rischia di ridurre il numero degli alunni frequentanti le attività: insomma, a partire da inevitabili diversità tra comuni ricchi e comuni poveri, essi temono una progressiva dismissione. Inoltre mentre con gli insegnanti ed i loro sindacati il ministero ha aperto un tavolo, essi non sono presi in considerazione.
Infine, resistenze arrivano anche dalle municipalità: importanti comuni come Lille, Lione e Marsiglia hanno già detto che da loro la riforma non partirà nel 2013 ma semmai nel 2014 e a Parigi la cosa è stata oggetto di una turbolenta discussione in consiglio comunale.
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