Secondo quanto riportano le agenzie, che si rifanno agli organi di stampa giapponesi, agli alunni di molte scuole è stato vietato di usare soprannomi, nomignoli, vezzeggiativi vari rivolgendosi ai compagni e di mettere accanto al nome il suffisso “-san”, che in giapponese vuol dire “signor/signora”.
In altre parole, è come se l’alunno Giuseppe Rossi, in Italia, invece di chiamarlo “Peppino o pippo o Pino” si dovesse appellarlo “signor Rossi” che in giapponese verrebbe “Rossi-san”.
Non esistono statistiche su quante siano le scuole nelle quali si è deciso di vietare i soprannomi, ma secondo la stampa giapponese, che cita un preside di una scuola elementare di Tokyo, questa norma sta diventando lo standard nella capitale nipponica.
Riporta AskaNews: “Se coltivate un senso di rispetto per la persona con cui si parla dalla giovane età, si previene la possibilità che in futuro (i bambini) compiano atti per danneggiare gli altri”, ha detto Masaaki Uchino, preside della scuola elementare Kasai. Nel suo istituto gli insegnanti danno precise indicazioni agli alunni di rivolgersi ai compagni con il “-san”.
Secondo i favorevoli di questa indicazione, evitare il “san” potrebbe rappresentare il fatto che la persona a cui ci si rivolge non è degna di rispetto, e dunque la si ritiene inferiore, mentre il motivo per vietare i vezzeggiativi e nomignoli è il fatto che talvolta questi sono offensivi e si basano su caratteristiche fisiche e dunque possono risultare insutanti.
Al contrario, per gli oppositori, vietare lo “yobisute” o i nomignoli rischia di limitare la capacità dei bambini di stabilire una loro spontanea comunicazione.
Su Twitter diversi utenti hanno commentato contro questi divieti, ritenendo che siano eccessivi: “Invece di impedire ai ragazzini di usare nomignoli perché non impedite loro di fare atti di bullismo?”