Il ministero dell’Educazione del Giappone, valutando il numero di suicidi nell’anno caratterizzato dalla pandemia Covid-19, ha segnalato che essi sono cresciuti di un livello mai toccato prima, arrivando al preoccupante numero di 499 i tra i bambini.
Un dato che sta preoccupando il ministero dell’Educazione e ancora di più se si aggregano i dati segnalati dalla polizia e dal ministero del Lavoro e del Welfare.
Infatti, così analizzando i numeri, si sono suicidati 14 bambini delle elementari (sei in più rispetto al 2019), 146 studenti delle medie (+34) e 339 studenti delle superiori (+60). Dunque, rispetto al 2019, sono 100 in più i bambini che si sono suicidati.
Ma dalle parti del ministero dell’Educazione sono stati pure presi in esame i dati relativi al 1978 e la conclusione a cui si è pervenuto è molto preoccupante perché è la prima volta da allora che vengono registrati tanti morti volontarie tra i minorenni. A questi, poi, vanno aggiunti altri 415 suicidi tra gli studenti universitari, con un incremento di 25 rispetto al 2019.
La situazione giovanile in Giappone appare molto fosca, mentre si ricercano le cause, molte delle quale sono racchiuse nelle lettere e nei messaggi lasciati dai ragazzi che si suicidano.
Secondo quanto risulta proprio da tali scritti, la principale motivazione è l’incertezza rispetto al futuro, seguita dall’insuccesso scolastico e poi da incomprensioni con i genitori.
Viene pure segnalata dal ministero dell’Educazione l’incremento piuttosto forte dei suicidi tra le studentesse di scuola superiore che sono quasi raddoppiati.
La pandemia dunque, oltre agli strascichi negativi lasciati nell’economia e nei rapporti sociali, ha nesso a nudo in Giappone una condizione giovanile di estrema fragilità che il Covid ha acuito, come del resto ha fatto un po’ dovunque, aldilà dei numeri e di questi tristissimi dei suicidi.
Non bisogna fra l’altro dimenticare che proprio in Giappone èstato per la pirma volta registrato il fenomeno degli Hikikomori”, termine che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato in gergo per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
È un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi, anche se il nuero delle ragazze potrebbe essere sottostimato.
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