Educare a diventare spie? Forse non è questo il vero obiettivo dell’Agenzia delle entrare inglese, anche perché sta promuovendo una campagna a scuola che insegni a pagare le tasse affinchè “siano responsabili e bravi cittadini futuri”, ma quello di acciuffare i malandrini che vivono del sacrificio altrui.
In ogni caso, nelle linee guida contenute nel programma di educazione alla correttezza fiscale si chiede agli studenti da 11 anni in su, quelli cioè che da noi lascerebbero la quinta elementare, di “dire cosa pensano di quelli che non pagano le tasse o che cercano di ottenere ingiustamente dei benefit”; ma li si invita pure ad avanzare proposte punitive alla domanda: “che cosa dovrebbe succedere a chi non vuole stare alle regole?”
Tuttavia l’aspetto più singolare di tutta questa proposta di educazione alla correttezza fiscale sta nella richiesta agli studenti di “fare degli esempi di persone del loro quartiere di cui hanno sentito dire” che non pagano le tasse.
Contro questa iniziativa si è schierato il direttore di Civitas, un importante centro studi inglese di politiche sociali: “Così si spingono bambini e adolescenti a denunciare addirittura i loro genitori. Le persone del proprio quartiere sono o i vicini o i parenti. Fare dei bambini delle spie dello Stato non fa parte del dna inglese”
Il quotidiano Telegraph, che ha dato la notizia, ha paragonato la misura a quella del regime comunista che spingeva a denunciare i vicini o i genitori che tradivano lo Stato: “Spiare, ficcare il naso nella vita dei propri vicini è la paranoia istituzionalizzata, compagna naturale del totalitarismo”