Secondo i dati di un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss), la maggioranza non sa dell’esistenza di minori che lavorano anche nel nostro Paese, uno su tre lo ritiene un fenomeno che riguarda solo gli stranieri.
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Nel dettaglio, spiega l’agenzia Dire, il 54% delle mamme e papà ritiene che la crisi economica possa giustificare almeno in parte l’abbandono scolastico per trovare un impiego, il 46% pensa che nel lavoro minorile non ci sia nulla di male o esistano situazioni che lo possano giustificare. Oltre un genitore su due crede che sia un fenomeno reale solo nei Paesi sottosviluppati, uno su tre lo considera un problema che in Italia possa riguardare solo gli immigrati. Eppure il 17% sa di ragazzini che lavorano, figli di amici e parenti o compagni di scuola dei propri figli; una percentuale che arriva fino al 22-24% al Nord dove il lavoro infantile, a sorpresa, risulta più diffuso del previsto.
L’indagine è stata condotta da Datanalysis, intervistando 1.000 mamme e papà rappresentativi della popolazione generale italiana: “I dati raccolti indicano una preoccupante indulgenza dei genitori italiani nei confronti del lavoro minorile: il 26%, con punte del 33% al Sud, non ci vede nulla di male mentre il 20% ritiene che il giudizio debba dipendere dalla situazione del singolo. Di fatto, non viene condannato senza se e senza ma come ci si sarebbe potuti aspettare, osserva Giuseppe Mele, presidente Paidòss. Così, se da una parte oltre l’80% ritiene che il lavoro minorile ‘rubi’ ai ragazzini la formazione scolastica, l’infanzia e una normale crescita psicofisica, si scopre che a tutto questo si può in fondo rinunciare di fronte alle nuove necessità imposte da una crisi economica di cui non si vede la fine”. Secondo i dati UNICEF i minori che lavorano sono oltre 150 milioni in tutto il mondo, di cui 115 milioni costretti a correre pericoli considerevoli sul luogo di lavoro.
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