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In Italia la laurea in ingegneria non garantisce più il posto in azienda

Uno dei totem più solidi sulla formazione-istruzione italiana sembra destinato a cadere: fino ad oggi uno studenti che sceglieva di iscriversi ad ingegneria ed aveva la fermezza di arrivare sino al titolo poteva sentirsi praticamente in tasca l’assunzione in azienda. 
Oggi sembra che anche questa certezza cominci a vacillare. La novità è emersa il 24 gennaio al Politecnico di Milano durante il convegno “Le imprese cercano: gli ingegneri ci sono? Domanda e offerta a confronto nel panorama europeo“. 
A preoccupare sono i risultati di una ricerca sul fabbisogno degli ingegneri in Italia, presentati dal Dipartimento di Ingegneria gestionale dell’ateneo, la sua Fondazione e Assolombarda, che non sembrano lasciare spazio a fraintendimenti.
Le aziende italiane, a parità di settore e di dimensione aziendale, assumono in media la metà di ingegneri di Francia e Germania: 14.184 le assunzioni nel nostro Paese contro le 33.756 della Francia e le 56.379 della Germania.
Quel che preoccupa è che il numero di assunti in Italia risulta largamente insufficiente anche nei comparti caratterizzanti l’industria italiana. I relatori hanno cercato di esaminare i motivi di questa poco felice situazione occupazionale e di capire quali possono essere le prospettive attuando dei correttivi di fondo.
Per Graziano Dragoni, direttore generale della Fondazione Politecnico di Milano, “in un contesto globale che si caratterizza per l’emergere di economie nascenti a basso costo produttivo non è più sostenibile un modello industriale che, a lungo termine, faccia leva su un basso tasso di sofisticazione tecnica. Al contrario è sempre più attuale e vincente una competizione basata su prodotti e su servizi ad alto valore aggiunto, dove le competenze ingegneristiche fanno da protagoniste”.
“Le imprese – ha detto Alberto Meomartini, consigliere incaricato di Assolombarda per Scuola, Formazione e Università – riconoscono ai giovani usciti dalle facoltà di Ingegneria italiane un buon bagaglio di conoscenze teoriche di tipo tecnico-disciplinare, ma al contempo rilevano in essi una insoddisfacente capacità di tradurre i saperi acquisiti in comportamenti e prestazioni professionali”.
“In particolare – ha aggiunto il rappresentante di Assolombarda – per migliorare il placement dei laureati e la loro occupabilità, dovrebbero essere meglio sviluppate alcune competenze-chiave che le imprese ritengono irrinunciabili, quali quelle di tipo gestionale-organizzativo e comportamentale, oltre a un maggior orientamento alla dimensione economica e commerciale della tecnologia”.
Se è difficile che le aziende nel breve periodo rendano più sofisticati i loro prodotti, sarebbe utile che gli atenei che organizzano corsi di ingegneria adeguassero i loro percorsi formativi alle esigenze del lavoro moderno.
Alessandro Giuliani

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