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In Italia manca ancora la “cultura” della valutazione

Questo avviene in Italia. Ma in Europa la situazione è ben diversa. L’Agenzia regionale per la qualità, la valutazione e l’autonomia delle scuole, AQS, del Land Renania-Palatinato ha infatti prodotto il primo rapporto sulle proprie scuole relativo all’anno 2010. Un documento sintetico, di sole 23 pagine, ma pieno di tabelle, grafici e illustrazioni, che dà un quadro chiarissimo della situazione in terra tedesca e ci dà forse utili indicazioni sulla strada da seguire in terra italiana.

L’aspetto più importante, quello che costituisce da sempre il problema della valutazione in Italia, è il metodo seguito: in Germania non si basa infatti su test, ma si appoggia su un ventaglio di metodi, ben sei approcci valutativi diversi, che insieme servono a rendere le informazioni raccolte le più attendibili possibili. Non viene svolta nessuna autovalutazione della scuola, come accade, con risultati opinabili, nella nostra nazione. La valutazione è rigorosamente esterna. Il quadro di riferimento per le ispezioni esterne (Orientierungsrahmen Schulqualität, ORS) è un documento di 40 pagine nel quale si definiscono i criteri che concorrono a definire il profilo della “buona scuola”. 
in base a due concetti essenziali: la qualità delle lezioni e  il buon esito degli apprendimenti da parte di ogni alunno.
Il perno del modulo valutativo è l’ispezione delle scuole: tutte le scuole vengono ispezionate da un team dell’AQS, che assiste a numerose lezioni, raccoglie i dati e li analizza servendosi di un’unica scala. La relazione valutativa finale deve mettere in evidenza i punti di forza di ogni scuola nonché le aree nelle quali la scuola deve migliorare e deve impegnarsi a trovare soluzioni per progredire.
L’agenzia ricorre a metodi empirici per la raccolta di dati sulla scuola e per le loro analisi. Tramite l’uso di questionari predisposti per i differenti attori della scuola, studenti, insegnanti, famiglie e di una scaletta per le discussioni con l’amministrazione delle scuole, la commissione scolastica locale, gli insegnanti, le famiglie e i rappresentanti degli studenti.
Riguardo poi ai risultati delle ispezioni esterne non costituiscono una tragedia, bensì la base per indurre la scuola a fissare obiettivi precisi da raggiungere in seguito. La scuola viene invitata a formulare in modo concreto gli obiettivi e precisarli in maniera tale da potere essere misurati e verificati in modo empirico. Poi entra in scena l’anima prescrittiva del popolo tedesco: la legge del “Land” obbliga le scuole ad esplicitare obiettivi imperativi in un documento, intitolato “Intesa sugli obiettivi“, il quale deve essere approvato dalla commissione scolastica locale.
La scuola e la commissione scolastica discutono insieme i risultati della valutazione e sottoscrivono un contratto che impegna sia la scuola sia la commissione scolastica (di emanazione dell’ente locale).
In questo documento si devono stabilire: gli obiettivi del periodo che intercorre prima della successiva valutazione, gli strumenti per controllare i progressi della scuola, i metodi di valutazione che la scuola intende adottare.
Insomma il clima, a quanto pare, in Germania è molto collaborativo e persegue un obiettivo generale, laddove in Italia trionfa l’ostilità e la partigianeria. Fa discutere, infatti, l’opportunità di legare gli aumenti retributivi degli insegnanti ai risultati degli studenti, ma è da tempo sotto accusa la progressione di carriera per anzianità.
La recente sperimentazione sui premi ai bravi insegnanti, di cui si è recentemente conclusa la prima fase, ha preso le mosse dalla volontà di superare lo sviluppo di carriera per anzianità e introdurre una valutazione fondata sul merito e non più con scatti ogni 6 o 7 anni.

Ma forse in Italia serve una cultura della valutazione, prima che un metodo. La Germania in questo può insegnarci qualcosa.

Silvana La Porta

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