In Italia appartenere ad una classe sociale più alta, permette ancora di conseguire un migliore percorso di studi.
Il dato si evince dal nuovo rapporto Unicef, pubblicato il 14 aprile e relativo al 2013, che classifica 41 Paesi dell’Unione Europea e dell’Ocse e analizza la disuguaglianza in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
Ebbene, nella nostra Penisola il divario reddituale relativo è al 35.mo posto su 41 paesi; il divario nei risultati scolastici è al 22.mo posto su 37; nell’ambito della salute è al 28.mo posto su 35; sulla disuguaglianza in termini di soddisfazione è al 22.mo posto su 35 paesi.
E anche la posizione media del nostro Paese per tutte le dimensioni relative alla disuguaglianza è tutt’altro che ottimale: l’Italia risulta 32.ma su 35 paesi Ue/Ocse.
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Il Paese ideale è la Danimarca, dove il divario tra i bambini che si trovano nella fascia più bassa della distribuzione del benessere e quelli nella fascia media è più basso, mentre Israele è all’ultimo
Per i nostri bambini nati in condizioni sociali sfavorevoli, insomma, non ci sono buone nuove. Si continua, in buona sostanza, a calpestare l’articolo 34 della Costituzione, nella parte in cui dice che “La scuola è aperta a tutti” e “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
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