I lettori ci scrivono

In Italia tutti scrivono ma nessuno legge

I dati OCSE-PISA sulle competenze di comprensione dei test di lettura e il rapporto AIE (Associazione italiana editori) sullo stato dell’editoria italiana 2018 non lasciano spazio a dubbi: gli   studenti sono sempre meno formati alla lettura, tra i ceti dirigenti il 38,1% non legge alcun libro e tra gli stessi laureati il 32,3% non legge nessun libro nel tempo libero; l’offerta editoriale è in crescita, ma è in calo il numero di lettori.

La mancanza di politiche scolastiche di educazione alla lettura costituiscono, secondo l’opinione degli editori, il principale problema di crescita culturale del nostro Paese. Mentre, la modesta propensione alla lettura sta provocando non pochi scompensi in molti settori della vita sociale che si possono configurare come assenza di dialogo e di senso critico, difficoltà ad acquisire e decodificare messaggi per comunicare, progressiva riduzione del  sapere concreto.

Si può dire, che la nostra società così avara, così varia e così complessa, non offre modelli comunicativi, percorsi di studio, stili di vita e, soprattutto, significative occasioni di tempo libero che diano spazio alla lettura meditata e sistematica, allo svolgimento di attività cognitive e di arricchimento culturale della persona per partecipare attivamente e responsabilmente ai valori della cultura: manca quella motivazione a leggere nel senso tradizionale del termine.

L’invadenza pervasiva della tecnologia, l’assillo di milioni di immagini e informazioni sempre nuove che  orientano e dirigono le nostre scelte verso “la cultura del punto di vista”, stanno togliendo spazio alla lettura, alla riflessione, al raccoglimento, all’introspezione,  alla meditazione, ad un’attività magica che, attraverso il profumo dell’inchiostro, assorbiva e riempiva la vita.

Quante immagini estranee ai valori che contano, quanti sentimenti falsi, quanti modelli vuoti si annidano nel social. Sembrano innocui e, invece, finiscono per creare un costume, abitudini, modi di pensare completamente sganciati dalla realtà quotidiana.

Pur senza contrapporre la cultura del libro che sarebbe buona ed educativa, alla cultura digitale dell’immagine che sarebbe cattiva e diseducativa, i dati sconcertanti sulla lettura sono sotto gli occhi di tutti e invitano a prendere atto della necessità dell’ampliamento delle capacità di approccio alla conoscenza, al sapere e  al linguaggio attraverso la lettura.

Per avere una guida sicura quando si attraversano territori molto impervi, occorre battere la lunga strada della formazione, la via dell’impegno educativo, intraprendere la ricerca di occasioni di vera informazione e di dialogo con fonti certe, non subdole o ingannevoli, che possano offrire ampi spazi di libertà e creatività.

Purtroppo, l’immediatezza delle immagini assume, oggi, forza di verità, la vedo, quindi, è vera, e sta indebolendo la forza della parola che, attraverso il libro, fa leva sulle energie interiori e abitua a mettere in relazione l’esperienza con il contenuto dei libri che si leggono.

Ora, una sfida ci interpella, un passo decisivo e coraggioso ci attende: distogliere lo sguardo dalle tante immagini in continua e ansiosa attesa di ricevere like o di essere condivise e prendere in mano i libri che, anche se sommersi da un momento di grande difficoltà, rappresentano tuttora dei capisaldi e costituiscono un simbolo  importante della nostra vita che ci consente di andare oltre il chiuso del nostro io, di osservare, di contemplare, di capire, di leggere.

Imparare ad aprire nuove finestre perché entri aria nuova, sentire l’odore di quell’aria, di quel profumo che genera una circolarità di informazioni, di emozioni  che consentono a noi tutti di sentirci parte significativa non di una generica collettività super tecnologica che livella e rende indifferenti ai valori, ma segno di una tradizione, di una operosità, di una cultura, quella del libro, che dobbiamo necessariamente  recuperare e rilanciare.

Disconnettersi, spegnere telefoni e computer nel tempo libero per leggere un libro o raccontarsi una storia è un gesto non di condanna della tecnologia, ma di gioia perché ispirato ad una misura di salvaguardia di uno spazio vitale che permette di recuperare il contatto personale con gli altri e con la realtà.

Tuttavia, nell’attenzione educativa alla lettura rientra anche l’attivazione di una responsabilità politica che non deve lasciarsi imprigionare dalle mode, ma deve avere un atteggiamento costruttivo e promuovere l’attività di centri culturali che diano ancora più spazio alla lettura di libri per elevare e sostenere la cultura che non può  essere abbandonata alle pure leggi del mercato o essere condizionata  dai metodi di una comunicazione drogata.

Quanti cammini vengono inariditi per mancanza di politiche scolastiche e culturali adeguate, di momenti educativi incapaci di  spingere un giovane a lasciarsi catturare  dal potenziale  potere attrattivo della lettura.

I mezzi espressivi fondamentali sono la parola e il segno grafico che, per suscitare interesse ed avere un ampio valore formativo, devono  diventare  strumenti di idee, di partecipazione, di vera promozione, capaci di far crescere un modo di pensare più aperto.

La loro forza persuasiva può essere molto grande  soltanto se riusciamo a creare canali di comunicazione dove il ruolo di ciascuno strumento, la  parola e il digitale, viene riconosciuto e adeguatamente valorizzato.

Pertanto, a livello educativo, il dominio incontrastato della tecnologia deve essere un po’ ridimensionato per lasciare  spazio al valore intrinseco della parola che è fondamentalmente  relazione, coinvolgimento critico, etico ed emotivo che raggiunge in modo del tutto naturale il cuore dell’uomo.

La lettura, dunque, non solo fa prendere coscienza delle proprie capacità, ma risponde pienamente ai tre più importanti bisogni dell’uomo: quello affettivo, sociale e culturale.

Fernando Mazzeo

I lettori ci scrivono

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