Credo che il mondo della Scuola, a iniziare dai vertici ministeriali nazionali ed europei, debba interrogarsi sul caso di Lorenzo Parelli, il giovane friulano morto a 18 anni mentre svolgeva il PCTO presso un’azienda di Udine.
Chi opera in questo mondo sa bene che i Percorsi per il conseguimento delle Competenze Trasversali e per l’Orientamento, ex Alternanza Scuola-Lavoro, sintetizzato nell’orribile acronimo PCTO, obbligano gli studenti delle scuole superiori secondarie di II grado (professionali, tecnici, licei) all’acquisizione dei crediti formativi (la cui sola espressione fa rabbrividire, come se la Scuola fosse diventata un libro mastro), pena la non ammissione agli Esami di Stato, e a seguire rispettivamente 210, 150 e 90 h di esperienze “sul campo”, in aziende, enti culturali, centri di ricerca.
Chi legifera per la Scuola e chi in essa opera non può non sapere che gli studenti svolgono attività formative che sono del tutto avulse dal loro percorso di studi: essi sono mandati in caffetterie, in studi odontotecnici, nei pronto soccorso, in fabbriche, come quella del povero Lorenzo, dove si ha a che fare con strumenti pericolosi per la loro incolumità e sono trattati da sguatteri a tutti gli effetti.
La madre di Lorenzo ha espresso il suo dolore in un grido: “Mio figlio è uscito per andare a scuola e non è più tornato”. Questa frase dovrebbe portare i legislatori a capire che i ragazzi devono vivere il tempo della loro giovinezza nel gioco e nell’impegno, nella spensieratezza e nel dovere, nell’accoglienza e nel rimprovero (se meritato) e non reificati, considerati come merce di scambio, ovvero, nell’aberrazione culturale odierna, come esseri produttivi.
Lorenzo avrebbe dovuto essere a Scuola.
Lettera firmata
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