Non ho alcuna intenzione, in qualità di docente di un liceo, di prendere le difese, dagli attacchi del Ministro, della dirigente scolastica del Liceo “Leonardo da Vinci” di Firenze per l’ormai arcinota circolare in cui si commenta il recente pestaggio avvenuto, sempre a Firenze, nei confronti di studenti.
Non che non si possa fare, ma credo che i dirigenti scolastici abbiano organi sindacali e rappresentativi in grado di difenderli a dovere. La stessa preside ha comunicato, a mezzo stampa, le motivazioni che l’hanno indotta a scrivere la nota circolare che il Ministro giudica “impropria e ridicola”, scritta, come la preside sostiene, “perché gli studenti non abbiano paura”.
Peraltro nemmeno condivido la visione minimalista di ciò che è stato il fascismo immaginata dalla preside della scuola di Firenze. Il fascismo non è nato semplicisticamente “ai bordi di un marciapiede”, non è un fenomeno da bar, non vi è in questo caso una banalità del male. Lo squadrismo è solo una parte di ciò che ha permesso al fascismo di ottenere il totale potere politico in Italia a partire dal 1922, di diventare dittatura dal 1925 e un totalitarismo, almeno secondo alcuni storici, dal 1930. Le cose sono molto più complesse, l’origine del fascismo ha anche altre radici ed è nostro dovere aggiungerle, proprio per non dimenticare, per non ridurre.
Responsabili sono anche: i Governi liberali che non hanno fermato i fascisti con la loro speranza di parlamentarizzarli, l’Associazione degli industriali che ha visto in loro uno strumento per governare le proteste operaie, gli agrari che hanno impiegato i fascisti per disoccupare le terre promesse dopo Caporetto dai generali italiani, il re che ha investito Mussolini del ruolo di Presidente del Consiglio non fermando i fascisti intenzionati a marciare su Roma, cosa che avrebbe potuto fare “agevolmente” disponendo di un esercito in grado di farlo e altro ancora.
L’origine del fascismo sta, come sosteneva lo storico De Felice, nel sostegno allo squadrismo dato dalla piccola borghesia pesantemente frustrata dalla situazione economica e sociale post-bellica.
Ma il punto non è questo o almeno la questione non è da vedere solo in questi termini. Diciamo che si può essere anche di parere diverso e articolare una disquisizione, un dibattito sulle origini del fascismo e vederla diversamente dalla dirigente fiorentina, come io ora ho fatto. In questa vicenda invece emergono due questioni di natura diversa, a mio avviso molto importanti ovvero:
- un dirigente scolastico ha il diritto di esprimere un parere diciamo “politico” o didattico, dipende dai punti di vista, nel suo ruolo istituzionale;
- è giusto picchiare degli studenti in modo brutale e forse organizzato.
In merito alla prima questione possiamo rispondere con un tonante sì. Il dirigente scolastico presiede il collegio dei docenti ed ha in questa veste un ruolo didattico. Infatti, come è noto a chiunque conosca i Decreti Delegati e il Testo unico 297 del 1994, si legge all’art. 7 comma a) quanto segue in merito al collegio dei Docenti: “ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico”.
Ora mi pare chiaro che, in quanto chiamato a presiederlo, sia prerogativa del dirigente scolastico poter esprimere un parere didattico quale era il parere della preside di Firenze, considerato dal Ministro un parere politico, direi forse scorrettamente, perché vista la questione da questa prospettiva tutto sarebbe politica, qualsiasi considerazione lo sarebbe, ma non vorrei andare troppo lontano dal seminato. In sostanza le si può imputare forse la non perfetta conoscenza dell’argomento storico, ma non che non possa, a questo proposito, dire la sua agli studenti della scuola che dirige.
In merito alla seconda questione chiunque riconoscerebbe che gli studenti non si picchiano, nessuno si picchia. Su questo le leggi penali sono chiare. Ma oltremodo direi che un genitore che sveglia il proprio figlio per andare a scuola, a cui prepara la colazione tutte le mattine pensa che questi si rechi in un luogo sicuro, dove funzionano tutte le norme sulla sicurezza e dove può affidare il proprio pargolo con tranquillità. Credo peraltro che il ruolo di un Ministro sia garantire proprio che le scuole siano luoghi sicuri, dentro e fuori, in tutti i diversi sensi che si possono dare a questo termine. Le scuole sono, primariamente, luoghi sicuri e protetti!
Quindi, in sintesi, se la dirigente scolastica ha assolto il suo ruolo istituzionale, come previsto dalla normativa, offrendo un parere didattico ai propri studenti, mi pare che ci sia da valutare se il Ministro abbia svolto in pieno il suo ruolo istituzionale che consiste nel coordinare la politica scolastica e nel garantire il sereno svolgimento delle attività didattiche, rendendo, prioritariamente, le scuole luoghi sicuri, ribadisco, dentro e fuori.
Marco Navarri