La possibilità di anticipare di un periodo che varia tra i sei mesi e i due anni l’uscita dal lavoro solo per le maestre d’infanzia, seconda del numero di figli, rischia di creare un solco profondo con tutte le altre insegnanti.
Lo ha detto il nostro direttore, Alessandro Giuliani, nel corso della rubrica “L’angolo del direttore”, trasmessa il 16 ottobre sull’emittente radiofonica Radio Cusano, commentando la decisione che sta prendendo il Governo, con la manovra di bilancio, di individuare l’ulteriore deroga alla pensione di vecchiaia, solo per coloro che svolgono le professioni più stressanti e che figurano già potenziali beneficiari dell’Ape social.
“Se effettivamente, attraverso la Legge di Stabilità, verrà fornita questa chance solo a quelle maestre – ha detto Giuliani -, perché solo il loro lavoro viene reputato particolarmente gravoso, le possibilità che tale scelte vengano interpretata discriminanti sono alte. Perché significa fornire solo ad una piccola fetta di docenti la disponibilità di lasciare il lavoro attorno ai 61 anni, in presenza di 36 anni di contributi. Ancora di più perchè si tratta delle stesse donne a cui già l’Ape social ha fornito la possibilità, in cambio di una cifra minima di restituire in 20 anni, di anticipare il pensionamento fino a 63 anni”.
“Tutte le altre, che svolgono un lavoro non molto diverso e quindi altrettanto stressante e logorante, sarebbero costrette a lasciare dopo 42 anni di anzianità contributiva oppure alle soglie dei 67 anni. E non è la stessa cosa”, ha sottolineato il direttore.
A proposito dell’occupazione del liceo Virgilio, con 400 studenti in rivolta perché dopo la caduta di una parte del solaio della scorsa settimana non si sentono al sicuro, Giuliani ha detto che “sono oltre due anni che è stata approvata la Buona Scuola, ma sul fronte dell’edilizia scolastica non si vedono novità. Mancano le verifiche periodiche da parte dell’ente preposto su 40mila edifici scolastici che nella metà dei casi hanno almeno 40-45 anni: in mancanza di assistenza e manutenzione, è purtroppo solo una conseguenza che accadano queste cose”.
Sull’alternanza scuola-lavoro, sono molte le problematiche: “all’apice – ha detto il giornalista – abbiamo studenti che hanno testimoniato di essere stati, nel corso della loro esperienza aziendale, a pulire i bagni o fare fotocopie. Tra le note dolenti, includiamo anche il fatto che troppo spesso le attività di stage si svolgono in orario didattico e questo non va bene perché secondo la Legge 107/15 l’alternanza scuola-lavoro si sarebbe dovuta attuare al di fuori: sottrarre delle ore di lezione, soprattutto a livello liceale, dove non c’è ancora una specializzazione definita, non è funzionale, anche perché le aziende non sono molto disponibili”.
“Anche quando le aziende dicono di sì, difficilmente possono mettere a disposizione uno o più dipendenti per formare i ragazzi. La scuola, tuttavia, non ha la forza e la possibilità di verificare questo aspetto. Inoltre, finché, non arriverà un accordo interministeriale tra Miur e dicastero del Lavoro, per agevolare l’assorbimento degli studenti migliori da parte delle aziende, non si arriverà mai ad un progetto efficace”, ha concluso il nostro direttore.
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