Sulle pensioni, arriva l’accordo di massima tra Governo e sindacati: servirà però una seconda fase.
Sia per rendere “più equo e flessibile” il sistema di calcolo contributivo, sia, soprattutto, per capire quali saranno i lavoratori più “usurati” che potranno accedere al pre-pensionamento di 3 anni e 7 mesi senza restituire i soldi in 20 anni.
Sono, infatti, ancora da definire con precisione le platee dei lavoratori precoci che avranno diritto all’uscita anticipata e di coloro che avranno diritto a chiedere l’Ape agevolata (che si potrà attuare grazie a “trasferimenti monetari diretti volti a garantire un reddito ponte interamente a carico dello Stato per un ammontare prefissato”).
A confermarlo è stato anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, al termine dell’incontro con i rappresentanti dei lavoratori, spiegando che sulle platee è necessario ancora “un lavoro di approfondimento”. Tra gli elementi ancora da definire ci sono “le platee” per l’Ape cosiddetta social, ma anche per i lavoratori precoci che avranno diritto all’uscita anticipata a 41 anni di contributi.
Paletti ha spiegato che la novità “significativa” è l’inserimento di un nuovo parametro per il pensionamento: “non si terrà solo più conto dell’età e dei versamenti contributivi ma anche di quale lavoro hai fatto”, del grado di fatica richiesta dall’attività.
In estrema sintesi, ecco i punti su cui si è raggiunto l’accordo, formalizzato attraverso una bozza: anticipo pensionistico agevolato o su base volontaria, estensione della platea della cosiddetta quattordicesima per i pensionati a basso reddito, uscita con 41 anni di contributi per i lavoratori precoci che hanno svolto attività faticose (oltre che i disoccupati senza ammortizzatori sociali e coloro che hanno esigenze di cura familiare).
Queste misure saranno introdotte nella prossima legge di bilancio, insieme alla parificazione della no tax area tra pensionati e lavoratori dipendenti, al cumulo gratuito dei periodi contributivi e, appunto, la semplificazione nell’uscita dei lavoratori che hanno svolto attività usuranti.
Rimane quindi forte l’incertezza sulla presenza di personale scolastico nel novero dei beneficiari dell’Ape social: da tempo si parla di docenti della scuola dell’infanzia, qualche giorno fa sono spuntati pure, nelle dichiarazioni sindacali, i colleghi della primaria (anche perchè non si comprende, francamente, perchè vi debba essere una differenzazione); nessuno ha mai citato però gli insegnanti della secondaria, anche loro sottoposti a dosi di stress non indifferenti (giustamente, si sono fatti sentire chiedendo i motivi della probabile esclusione). Non sembrano avere alcuna chance, invece, gli Ata e i dirigenti scolastici.
Per sapere quali categorie, anche della scuola, entreranno nella lista definitiva dei beneficiari, bisognerà attendere, c’è scritto nell’accordo, un ulteriore “confronto tra il Governo e le OO.SS.”.
Maggiori certezze, invece, si hanno sui requisiti da possedere: potrà accedere all’Ape, infatti, chi compie 63 anni e quindi è distante meno di 3 anni e sette mesi dall’età di vecchiaia potrà andare in pensione anticipata grazie al prestito pensionistico purché l’assegno maturato non sia inferiore a un certo limite (ancora da definire).
L’Ape sarà esente da imposte ed è erogata mensilmente per 12 mensilità. Il costo per chi ha un lavoro e non rischia di perderlo (e quindi non rientra né nell’Ape agevolata né in quella sostenuta dalle imprese) potrebbe essere molto elevato con una rata che, secondo alcune stime, potrà sfiorare il 25% dell’importo della pensione per 20 anni nel caso di anticipo per la durata massima (vanno considerati oltre la restituzione del prestito, pari a circa il 5% l’anno, anche il tasso di interesse e il premio assicurativo): in media, la restituzione, si aggirerebbe sulle 150-200 euro mensili.
È confermato, infine, che in caso di premorienza il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione e quindi non si rifletterà sulla pensione di reversibilità o sugli eredi di chi ha beneficiato dell’Ape.
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