Per i lavoratori che hanno svolto lavori usuranti è giunta l’ora di presentare la domanda di pensione anticipata con decurtazione sull’assegno quasi inesistente. Sono coinvolti tutti coloro che maturano il diritto all’accesso alla pensione con i requisiti agevolati tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2021: hanno ora facoltà di presentare domanda entro il primo maggio 2020. Ad aprire alla possibilità di invio delle candidature alla pensione è un messaggio dell’Inps pubblicato lunedì 2 marzo.
Le regole rimangono quelle stabilite dal decreto legislativo n. 67 del 2011: la domanda può essere presentata anche dai lavoratori dipendenti del settore privato che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti e che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi.
Per i lavoratori usuranti vi è la possibilità di conseguire il trattamento pensionistico, solo se in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti, di un’età minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento della quota minima complessiva tra età e contributi pari a 97,6 anni (se lavoratori autonomi l’età minima deve essere di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6).
Tra i lavori faticosi e gravosi vi sono innanzitutto quelli svolti la notte a turni: vanno considerati utili alla pensione anticipata, quelli da almeno 78 notti l’anno, con i requisiti generali previsti per i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente faticose e pesanti. Se le notti sono tra 64 e 71 l’anno possono andare in pensione con almeno 63 anni e sette mesi di età e 35 di pensione ma raggiungendo quota 99,6 (100,6 gli autonomi con almeno 64 anni e sette mesi). Per chi lavora tra le 72 e le 77 notti l’anno la quota minima per l’uscita è a 98,6 con 62 anni e sette mesi di età minima.
Vanno quindi considerati lavoratori anche diurni, però di particolare impegno, anche fisico, come gli addetti alla linea catena, i conducenti di veicoli adibiti a trasporto pubblico, quelli impegnati in galleria e quelli con esposizione alle alte temperature.
L’Inps ricorda anche che è necessario produrre la documentazione che attesti lo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti. L’Inps accoglie la domanda “qualora sia accertato il possesso dei requisiti relativi allo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti e sia verificata la sussistenza della relativa copertura finanziaria”.
Inoltre, è stato comunicato che la presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio oltre il termine del 1° maggio 2020 comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento della decorrenza del trattamento pensionistico anticipato (un mese per il ritardo della presentazione inferiore a un mese, due mesi per un ritardo fino a tre mesi, tre mesi per un ritardo superiore).
Con la legge 160/2019, pure nel 2020 sono state considerate delle categorie di lavoratori portatrici di attività gravose: possono accedere alla pensione con almeno 63 anni di età e 36 anni di contributi, oppure, se più favorevole, raggiungendo 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica a condizione, però, di vantare almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19esimo anno di età.
Dal 1° gennaio 2018 il requisito contributivo per l’Ape social (36 anni) può, inoltre, essere ridotto per le donne di un anno per ogni figlio entro però un massimo di due anni.
Ed in questi casi, il taglio all’assegno pensionistico è di appena qualche decina di euro.
Nel settore formativo-scolastico, gli unici lavori gravosi sono quelli svolti dagli educatori degli asili nido e dai maestri della scuola dell’infanzia.
La lista dei lavori gravosi, inoltre, comprende gli operatori ecologici ed altri raccoglitori e separatori di rifiuti; operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici; conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; conciatori di pelli e di pellicce; conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; conduttori di mezzi pesanti e camion; personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni; addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza; facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati; personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca; pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative; lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del d. lgs.67/2011; marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne”.
Sempre l’istituto di previdenza ha fatto sapere che “per il personale della scuola e Afam (alta formazione artistica e musicale) il trattamento pensionistico anticipato non può avere decorrenza anteriore, rispettivamente, al 1° settembre e al 1° novembre dell’anno di maturazione dei requisiti per cui in caso di ritardi il differimento della decorrenza della pensione è al 1° settembre e al 1° novembre dell’anno successivo”.
Nei mesi scorsi, il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista esperto in malattie professionali degli insegnanti, aveva denunciato come l’anzianità di servizio comporti “un aumento progressivo dell’altissima usura psicofisica del docente quale principale esponente delle cosiddette helping profession“.
“Di recente – ha detto il medico – è stato riconosciuto psicofisicamente usurante (leggere gravoso ndr) l’insegnamento alla Scuola dell’Infanzia mentre gli studi a disposizione ci confermano che l’usura psicofisica è identica in tutti i livelli d’insegnamento”.
Il problema è che ci si è fermati ai maestri che operano con i bambini fino a 6 anni. Secondo Lodolo d’Oria, “se si è compiuto un passo corretto verso le maestre delle “materne”, si è perpetuato un torto nei confronti di tutti gli altri docenti. Nel giro di 20 anni (1992-2012) siamo passati dalle insostenibili baby-pensioni agli intollerabili 67 anni della Monti-Fornero: il tutto – si badi bene – senza un solo controllo della salute della categoria professionale che oggi cade a pezzi”.
Per l’esperto di patologie derivanti da burnout, rischi psicosociali, stress lavoro correlato, “restare in cattedra oltre i 60 anni, alle condizioni odierne, appare davvero poco compatibile con l’attuale condizione di salute dei docenti, con gli insegnanti più anziani d’Europa e con un corpo docente femminile all’83%. Prorogare un simile sistema di maestre-nonne equivale a calpestare l’art.28 del negletto DL 81/08 che esige la tutela della salute del lavoratore”.
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