Come ogni fine di anno solare, si parla tantissimo di pensione anticipata. Quest’anno ancora di più, perché con l’uscita di scena di Quota 100 e l’introduzione transitoria di Quota 102, l’età media di uscita dal lavoro è destinata ad elevarsi. Ma fino a dove? A breve, difficilmente si andrà oltre i canonici 67 anni imposti dall’ultima legge di riforma della previdenza, la Monti-Fornero: anzi, a dire il vero, oggi un dipendente italiano lascia il lavoro a circa 62 anni, contro un media Ocse pari a 63,1 anni.
Per il futuro, invece, già si parla di innalzamento sostanzioso. Addirittura fino a 71 anni. Questa, almeno, sarebbe la prospettiva, ha scritto l’Ocse nel rapporto “Uno sguardo sulle pensioni“, per un giovane che entra oggi nel mercato del lavoro.
In pratica, il ragazzo, considerando anche le difficoltà a mantenere il lavoro per tutto l’arco della sua carriera lavorativa, si ritroverà ad andare in pensione dopo 45 anni dal suo primo accesso in azienda, fabbrica o istituto. Ma anche nella Scuola, dove i precari possono alternare periodi di lavoro ad altri di disoccupazione.
Tutto questo accadrà perché la spesa pensionistica in Italia è aumentata del 2,2% del Pil tra il 2000 e il 2017. E il motivo è legato all’innalzamento dell’età media degli italiani.
Sempre l’Ocse, scrive La Repubblica, ha calcolato che “nel 2050 ci saranno 74 persone di età pari o superiore a 65 anni ogni 100 persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni, il che equivale a uno dei rapporti più alti dell’Ocse. Negli ultimi 20 anni, la crescita dell’occupazione, anche attraverso carriere più lunghe, ha compensato più della metà della pressione dell’invecchiamento demografico”; per il futuro, però, questa soluzione non sarà più sufficiente.
Il risultato è che “chi entra nel mercato del lavoro ora in Italia sa che non ci uscirà prima di 71 anni.
Comunque, il salto in avanti non riguarda solo il nostro Paese. Basti pensare alla Danimarca (74 anni), all’Estonia (71 anni) e ai Paesi Bassi (71 anni), e già all’età media Ocse di 66 anni per la generazione che accede adesso al mercato del lavoro.
C’è poi la questione del compenso assegnato ai pensionati: “in Italia, una lavoratrice che inizia la sua carriera a 27 anni ed è disoccupata per 10 anni nell’arco della sua vita professionale riceverà una pensione inferiore del 27% rispetto a quella di una lavoratrice a tempo pieno”.
Considerando che però anche questa è destinato a vedersi tagliato un buon 20% rispetto agli assegni di quiescenza odierni (per via del calcolo contributivo e non più retributivo), viene da sé che le pensioni da assegnare agli attuali giovani saranno ridotte ai minimi termini: probabilmente, si arriverà a circa il 50% delle medie attuali. È proprio il caso di dire “poveri ragazzi”.
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