Il Coordinamento dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale italiani lanciano l’allarme: autolesionismo, tentativi di suicidio, disturbi del comportamento alimentare e uso di sostanze sono i disturbi mentali in pieno boom tra i giovani e i giovanissimi, e la denuncia assume ancora più valore perché contemporaneamente impoveriscono i servizi di Salute Mentale. Il fenomeno, anche a seguito della pandemia da Covid-19, vede protagonisti i minori in età adolescenziale e pre-adolescenziale.
In preparazione dell’incontro che avverrà a Roma il prossimo 18 maggio il workshop, che di recente si è svolto a Roma sulla situazione drammatica in cui versa la cura e la tutela della salute mentale in Italia, ha voluto mettere al centro delle agende di governo nazionale e regionale le problematiche del settore. E dall’incontro è anche scaturito un documento di denuncia inviato al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio.
Attualmente in Italia esistono 128 Dipartimenti di Salute Mentale, ma il numero secondo Michele Sanza, direttore del DSM –DP Forlì-Cesena AUSL Romagna, è poco funzionale nuovi bisogni, e ha aggiunto la separazione tra il Centro di Salute Mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile rende più difficoltosa l’integrazione degli interventi su molti pazienti con comorbilità, spesso in transizione per ragione di età. Occorre quindi rivedere l’attuale organizzazione, premiando soprattutto i percorsi trasversali che compiono i pazienti, favorendo l’integrazione tra le competenze specialistiche necessarie e migliorando l’offerta qualitativa.
Altri interventi hanno denunciato la crescita in Italia del numero delle persone che presentano un disturbo mentale grave (più del 6% della popolazione generale) e quella dei bisogni specifici, per esempio che riguardano i migranti, gli autori di reato, le persone senza fissa dimora, i bambini e gli adolescenti, per non parlare della percentuale dei disturbi emotivi comuni che vedono coinvolto il 20% della popolazione generale. A questa crescita fa riscontro la diminuzione delle risorse a disposizione della sanità in generale e della salute mentale in particolare (in media il 3% del FSN, a fronte di una quota del 5% fissata dalla CU Stato-Regioni nel 2001). La presa in carico di un paziente grave necessità di continuità, prossimità e di un’équipe multidisciplinare che nessun privato offre.
E se i dati relativi all’Italia sono preoccupanti, le ricerche nazionali e internazionali lo confermano: anche in Europa la situazione è grave. Il rapporto dell’OECD “State of Health at Glance in the EU Cycle 2022” dice che una persona su sei tra i 15 e i 29 anni, cioè il 17,4% della popolazione europea compresa in quella fascia d’età, oltre 14 milioni di persone, nel 2019 ha sperimentato un problema di salute mentale. Se prima della pandemia la prevalenza dei disturbi mentali era comunque maggiore tra gli adulti rispetto ai giovani (tali problemi interessavano infatti il 7% della popolazione adulta contro il 6% di quella compresa tra i 15 e i 24 anni), la situazione si è invertita a causa dell’emergenza sanitaria, che ha determinato un’improvvisa interruzione alla vita scolastica e sociale di bambini,
La quota di popolazione tra i 18 e i 29 anni che ha sperimentato i sintomi di questa patologia è raddoppiata durante la pandemia in diversi paesi europei, specialmente in Islanda, Svezia e Norvegia, dove ben un terzo dei giovani ha avuto a che fare con questo disturbo durante la pandemia.
Nella maggior parte dei paesi europei gli ospedali e i centri di assistenza si sono riorganizzati e riconfigurati il più in fretta possibile per poter erogare a distanza i servizi dedicati alla salute mentale e soddisfare l’elevata domanda di assistenza psicologica e psichiatrica. Nonostante ciò, la disponibilità di questi servizi risulta anche in diversi paesi europei sensibilmente inferiore rispetto ai livelli prepandemici, con un conseguente prolungamento dei tempi di attesa per i pazienti.
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