Rispetto al 2008 gli studenti immatricolati all’università si sono ridotti di oltre 66mila (-20%); i docenti sono scesi a meno di 52mila (-17%); il personale tecnico amministrativo a 59mila (-18%); i corsi di studio a 4.628 (-18%). E la tendenza a disinvestire è evidente nei dati sul Fondo di finanziamento ordinario, diminuito, in termini reali, del 22,5%. In valore: sette miliardi, che vanno comparati agli oltre 26 miliardi della Germania. Una tendenza opposta a quelle in corso in tutti paesi avanzati. L’obiettivo europeo di raggiungere, al 2020, il 40% di giovani laureati sembra decisamente fuori dalla portata dell’Italia che, con il 23,9%, è all’ultimo posto fra i 28 stati membri.
La situazione è drammatica soprattutto per gli atenei del Centro-Sud, e peggio ancora va nelle isole: il Fondo di finanziamento, ripartito in modo assai diverso negli ultimi anni, ha visto tagli, al Sud, di circa il 12% e nelle Isole di oltre un quinto. I cambiamenti introdotti nei meccanismi di ripartizione dei finanziamenti, con un aumento fino al 20% della quota premiale legata a risultati conseguiti nella didattica e nella ricerca, paradossalmente aggravano il quadro perché penalizzano le università del Mezzogiorno per la loro inefficienza, senza spingerle realmente su un sentiero di miglioramento e di maggiore responsabilizzazione.