La protesta, che riguarda tutte le regioni, meno i Paesi Baschi, La Rioja e le Baleari, che hanno optato per altre formule di mobilitazione, è la prima che riguarda tutti i livelli della pubblica istruzione, dall’asilo all’università.
Vi aderiscono i principali sindacati dell’istruzione, Fete-Ugt, Fe-CcOo, Anpe, Csif e Stes, che hanno indetto la mobilitazione di un milione di impiegati del settore, in maggioranza docenti.
La profonda crisi economica e i tagli della spesa pubblica hanno colpito settori particolarmente sensibili come la pubblica istruzione, dove i sindacati stimano complessivamente riduzioni intorno al 20% dei fondi, a causa del taglio di 3 miliardi di euro approvato per decreto nelle scorse settimane dall’esecutivo. Parte della manovra di riduzione da 10 miliardi per il 2012-2013, che riguarda l’istruzione pubblica e la sanità. L’obiettivo è portare il deficit pubblico dall’8,9% del 2011 al 3% nel 2013.
Fra le misure varate, un aumento del numero di alunni per aula, l’incremento delle tasse universitarie a partire da quest’anno, il ritardo o il congelamento del turn over dei professori. Secondo i sindacati si tratta di ”un’aggressione al sistema di insegnamento pubblico”, che comporterà un peggioramento della qualità educativa e la distruzione di ”circa 100.000 posti di lavoro, sopratutto di professori e termine e personale di sostegno”.
La Piattaforma statale per la difesa della Scuola Pubblica, che raggruppa associazioni di studenti e genitori e sindacati, prevede un’alta adesione allo sciopero. Le mobilitazioni del settore vanno avanti dallo sciopero generale dello scorso 29 marzo, al quale sono seguite manifestazioni e assemblee di studenti e docenti il 29 aprile e il 10 maggio scorsi, sulla necessita’ di non smantellare il sistema dell’educazione pubblica. (ANSAmed).
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