Categorie: Precari

In tenda dopo le manifestazioni di Roma: “Siamo disperati”

Un disoccupato di 52 anni, dice: «Il mio sogno è un gelato». Ha fatto il ferraio, il fabbro, ha lavorato nell’edilizia, in una fabbrica di gomma. Dice di essere un esodato ma non ne ha chiaro il concetto. Ha contributi versati in Italia, Germania, Belgio. Fa lavoretti per la Caritas. «In cambio mi danno qualche soldo, qualche vestito. Così non devo andare a rubare». Vive in un appartamento occupato, «nove punto sette metri. Ma sono un privilegiato perché sono da solo e ho un televisore di trent’anni che funziona ancora bene».
Poi ci sono i due o trecento giovani dei centri sociali di Bologna e circondario. Hanno le tende, siedono sui cartoni. Ci sono bambini di ogni età. La più piccola si chiama Elisa e ha tre anni. Ragazzi ascoltano la musica e ballano, suonano strumenti a percussione, bevono birra italiana. Due vecchi peruviani hanno piazzato una scacchiera su una cassetta di frutta. Ragazze puntellate di piercing si esibiscono con clavette, anelli e palle.
C’è Jamal, ventuno anni, i genitori eritrei ma è nato a Roma. Fa il meccanico per 850 euro al mese. «Abitavo in due stanze a 600 euro ma mi hanno sfrattato. Io e mia moglie eravamo sulla strada, allora ho preso il primo appartamento che ho trovato. Mille e 200 euro. L’ho lasciato subito». Adesso vive in occupazione. Qui sono rimasti soprattutto quelli dei comitati e delle associazioni per la casa. Gli altri stanno tornando verso le loro città, il loro mestiere.
C’è Alexandro, 30 anni, peruviano, abita a Monte Mario per 800 euro e 800 ne ricava dall’impiego di badante. «Viviamo coi soldi di mia moglie, che però è incinta. Fra tre mesi partorisce e per qualche tempo non so che faremo». Ha appena finito di pulire una grande pentola in cui hanno cotto la pasta: sono venuti con bombola e fornello.
C’è Juan, 35 anni, due figli di dieci e tre. Fa il muratore: «D’estate arrivo a guadagnare mille e duecento euro al mese, ma d’inverno il lavoro è poco, e ci sono dei mesi in cui non riesco a pagare l’affitto e il padrone dice che una volta o l’altra mi butta fuori». «La casa si prende», dicono gli striscioni. Occupiamo perché non sappiamo dove andare e scatta un urlo: Riappropriazione, sollevazione.
C’è una donna di colore, sulla quarantina, parla bene italiano. Arrivano altri.
C’è un’altra donna che da 17 anni vie in Italia e viene dal Sudamerica. Lavoro in nero a 600 euro. Se non lavoro quanto vogliono loro, se non dico signorsì, mi lasciano a casa e ne prendono un altro. La maggior parte di noi la casa l’ha occupata perché o paghi l’affitto e compri da mangiare a tua moglie e ai ragazzi. Io ho un figlio di 14 anni, vorrebbe le scarpe come i suoi amici. Gli ho detto: quanto costano? Cento euro, mi ha detto. Ma ringrazia il cielo se ti compro quelle da dieci.
C’è Emilio, 63 anni e un cartello addosso che dice «Euro assassino» ed «Europa usuraia». Fa il muratore. Peserà sessanta chili. Non lavora da tre anni. «Non ho i contributi, nessuno mi dà più niente da fare. Chiamano i rumeni che sono forti e si accontentano di due lire».
Non c’è il ministro Maurizio Lupi che però è atteso fra due giorni. «Non mi aspetto che mi dica niente perché i politici non credono più in niente. Io non ero mai sceso in piazza prima di due anni fa. Vengo qui e cerco di essere dignitoso».
Fino a stamattina c’era chi protestava per l’ambiente, chi per la scuola. Matteo ha 18 anni e viene da Ravenna. Ha una scopa e una paletta e con gli amici pulisce per terra. «La scopa l’abbiamo trovata qui, non sappiamo di chi sia. Ma non volevamo lasciare sporco». Dice: «Siamo venuti a Roma per cercare di trovare una sintesi fra le tante anime di questa piazza». Parla bene, Matteo, come un libro stampato. Spiega qual è la sintesi: «L’economia dev’essere al servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio dell’economia».
C’è Massimiliano, 38 anni, vive a San Paolo fuori le Mura con la moglie, una figlia di 19 e una di due e mezzo; lui ha una soluzione: «Hai mai sentito parlare di signoraggio? Sai meglio di me di che stiamo parlando. Basterebbero due decreti facili. Basterebbe l’emissione della moneta in mano allo Stato, che finanzierebbe politiche sociali e infrastrutture senza indebitarsi. Invece ci danno 14 euro. Ma che me ne faccio?».

Pasquale Almirante

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