Gli studenti in tutto il mondo hanno aderito oggi in massa al “climate strike”, lo sciopero planetario di protesta contro i cambiamenti climatici ispirato e ideato dalla sedicenne attivista svedese Greta Thunberg.
Dall’India alla Corea del Sud, dall’Australia alla Francia, dalla Germania all’Italia, milioni di studenti hanno saltato un giorno di scuola e hanno marciato per le vie e per le piazze di 1.700 fra città e cittadine protestando contro l’immobilismo dei loro governanti nella lotta al riscaldamento climatico. E si apprestano a fare altrettanto anche gli studenti delle Americhe.
Tutto grazie a Greta, la cui audacia le è già valsa una nomination per il premio Nobel per la pace. Il suo nome è risuonato negli slogan – “Con Greta Salviamo il Pianeta” e negli striscioni – “Make the Planet Greta Again”. A Roma si aggiravano anche delle manifestanti con delle lunghe treccine bionde posticce, un chiaro omaggio alla studentessa svedese. Tutti grati a Greta. E se alcuni ministri hanno espresso delle riserve per la perdita di un giorno di scuola, come i titolari dei dicasteri dell’Education in Australia e nel Regno Unito, altri hanno incoraggiato gli studenti a scendere in piazza.
Si può allora parlare di un nuovo “68, di fronte a tale movimento giovanile sull’ambiente?
“Chiediamo di abbattere del 50% le emissioni di gas serra rispetto all’epoca preindustriale entro il 2030, per raggiungere Zero emissioni nel 2050”: questa la richiesta che i giovani attivisti dell’ambiente stanno portando avanti in tutto il mondo
Dopo i temi della scuola e del governo il cambiamento climatico e le sue conseguenze, l’impatto sull’ambiente e l’uomo delle produzioni industriali, sembra essere il nuovo motore aggregativo delle proteste dei giovani e questa è certamente una novità, se pensiamo che la leader mediatica è una ragazzina svedese di 16 anni che ha deciso di scioperare dalla scuola ogni venerdì.
“Non siamo parlando di un nuovo movimento ecologista o ambientalista: questa è la politica del futuro rispetto al genere umano. Suona strano constatare come il mondo progressista non intercetti il grido di questi giovani”.
In un’intervista a Micromega, Petrini aderisce a Fridays For Future e osserva: “Siamo davanti a un fenomeno storico di grande rilevanza: parliamo di un movimento di proporzioni inimmaginabili che è destinato a lasciare un forte segno sia, appunto, per le dimensioni che per i contenuti unificanti. Molti anni fa, nel 1968, i giovani scelsero di lottare contro l’autoritarismo e al fianco della classe operaia. Questo fenomeno, invece, è partito in maniera autonoma grazie alla testimonianza di una giovane svedese ma ha avuto la capacità di diffondersi repentinamente. È figlio dei nostri tempi e di una comunicazione digitale che amplifica i messaggi e li diffonde”.
Giovani che chiedono ai governanti di abbattere del 50 per cento le emissioni di gas serra rispetto all’epoca preindustriale del 2030 e raggiungere poi lo zero di emissioni nel 2050. E reclamano un cambio di passo dell’economia.
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