Forti dubbi sulla riapertura delle scuole superiori venete e friulane dal 7 gennaio, come il presidente Luca Zaia ha specificato perché “un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura del virus, che poi si propaga sui bus e fuori dagli istituti”.
Il Messaggero Veneto dà risalto alla notizia, precisando pure che Zaia ha chiesto al dipartimento di Prevenzione di elaborare delle valutazioni sul cosa fare e sulla base dei risultati si deciderà come procedere. In sintonia anche il presidente veneto dell’Anp: evitare “l’effetto fisarmonica”, riferendosi a una riapertura che rischia di essere di breve durata, mentre i sanitari invocano la zona rossa per alleggerire gli ospedali con già tremila persone ricoverate e quattrocento nelle terapie intensive.
Carmela Palumbo -si legge sempre sul Messaggero veneto- direttrice generale dell’Ufficio scolastico regionale del Veneto, speiga: “Sull’aspetto epidemiologico spetterà al Ministero e alla Regione fare le proprie valutazioni, per quanto ci riguarda abbiamo fatto un grandissimo lavoro sul fronte scuola e anche dei trasporti. I trasporti sono stati potenziati di circa 800 mezzi, questo consente di frequentare le lezioni senza doppi turni e solo con entrate e uscite differenziate, ma nemmeno di molto». Un piano da 31 milioni di euro già pronto, col reclutamento di steward che a terra evitano la formazione di assembramenti tra studenti davanti alle scuole e nei piazzali dei bus.
Il dibattito, precisa il giornale, è ancora aperto e se la decisione di rinviare il rientro in classe non arriva dal governo, potrebbe subentrare la Regione con ordinanze proprie. In questa logica, secondo quanto si legge, si inserisce anche il Friuli Venezia Giulia.