È impressionante il silenzio che ha accompagnato il licenziamento del Decreto Scuola. Assordante la passività con cui lo stiamo accogliendo e disarmante l’inconsistenza del potere negoziale dei sindacati.
Così come inaccettabile è il delirio di onnipotenza del ministro della pubblica istruzione, che, incurante dell’interlocuzione con i corpi intermedi e delle obiezioni della classe docente, impone l’obbligatorietà della didattica a distanza.
Lo Stato, mio datore di lavoro, vuole che faccia didattica da casa? Bene. Mi fornisca gli strumenti utili, tutto il corredo di cui necessito per metterla in pratica. Estenda, ad esempio, il bonus della carta docenti anche ai precari, la cui condizione di disagio esige al pari, se non più, di quella dei loro omologhi di ruolo, (lungi da me l’innescare la contesa intra-categoriale funzionale solo al divide et impera) un sostegno al reddito per l’acquisto di materiale didattico, di un PC e per la sottoscrizione di una connessione internet.
Perché si dà per scontato che tutti siano equipaggiati a dovere per la circostanza? I dati, soprattutto per alcune aree del Paese, raccontano di gravi carenze di mezzi, di nuclei familiari densi in abitazioni sottodimensionate, di contese generazionali per guadagnarsi la postazione informatica. Si aggiunga, al quadro di deprivazione materiale, l’assurda pretesa che tutti dispongano delle conoscenze e delle competenze informatico-tecnologiche di base.
Si è provveduto a formare adeguatamente il corpo docente in questi anni? In quale mondo vive questa classe politica che dimostra di essere a digiuno delle condizioni materiali in cui versano i lavoratori e sorda ai loro bisogni?
Enrico Bonelli
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