Interessante vicenda, recentemente risolta dal Tribunale di Milano con sentenza del 17 luglio 2024.
Il medico legale riteneva doveroso qualificare il fatto come infortunio sul lavoro, in quanto avvenuto mentre la lavoratrice godeva di un ‘permesso’ per motivi personali.
Secondo l’INAIL, “la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex se il nesso rispetto all’attività lavorativa, con conseguente non indennizzabilità dell’evento infortunistico”.
Non è dello stesso avviso, la Corte di Cassazione che – con Ordinanza n. 18659 dell’08/09/2020- ha affermato esplicitamente che in tema di infortunio “in itinere“, la tutela assicurativa copre i sinistri verificatisi nel normale percorso abitazione-luogo di lavoro anche in caso di fruizione da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali.
Secondo i Giudici, il permesso costituisce una fattispecie di sospensione dell’attività lavorativa nell’interesse del lavoratore e non si differenzia sostanzialmente dalle pause o dai riposi.
L’unica differenza riguarda il suo carattere occasionale, mentre le pause e i riposi hanno carattere periodico.
Pertanto il lavoratore è tutelato tutte le volte in cui si allontana dal luogo di lavoro e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell’attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi.
Va considerato che i permessi retribuiti sono riconosciuti in ipotesi particolari, previste dalla legge o dai contratti collettivi, per le quali -in un’ottica di “bilanciamento di interessi”- sussiste la prevalenza di diritti del lavoratore costituzionalmente garantiti, rispetto all’interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva.
“Basti pensare ai permessi per l’assistenza ai disabili, ai permessi e congedi per ragioni familiari, ai permessi per motivi di studio, per visite mediche, ecc.
I periodi di permesso retribuito consentono, quindi, il godimento di diritti costituzionalmente garantiti, costituendo una delle forme mediante le quali è data attuazione ai principi costituzionali di solidarietà sociale ed uguaglianza.
La sospensione dell’attività lavorativa non dipende, quindi, da scelte voluttuarie del dipendente, ma è di volta in volta giustificata da ragioni connesse all’esercizio di diritti personali del lavoratore che altrimenti verrebbero sacrificati”.
“Nel caso di specie il permesso è stato chiesto dalla ricorrente al fine di andare a prendere la propria figlia minore a scuola: la temporanea sospensione dell’attività lavorativa si ricollega, quindi, all’adempimento dei doveri genitoriali ed è pienamente indennizzabile alla luce di quanto chiarito dalla Suprema Corte”.
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