Da Salvatore Nocera, noto esperto in problemi della inclusione e della disabilità riceviamo un interessante commento alla recente sentenza del Consiglio di Stato relativa alla assistenza agli alunni con disabilità a carico degli Enti Locali.
Il Consiglio di Stato, l’8 Agosto scorso, ha pronunciato la sentenza n. 7079, pubblicata il 12 successivo, confermando una decisione di primo grado col quale si confermava la riduzione del numero di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ad un alunno con disabilità rispetto al numero di ore assegnate dal Comune l’anno precedente.
La sentenza lascia perplessi, presentando tre aspetti fondamentali negativi, per i quali mi rifaccio al Comunicatostampa della FISH del 19 Agosto scorso, ( anche in Superando del 21, intitolato “Duro colpo ai diritti degli studenti con disabilità”) e pure all’ampia disamina del Collega avvocato Marcellino ed alle dichiarazioni dell’AIPD nonché ad altri interventi, di cui più oltre:
1- la negazione del diritto costituzionalmente garantito all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, che il CdS ritiene un semplice interesse legittimo, cioè un diritto condizionato alle disponibilità di bilancio degli Enti locali;
2- l’affermazione che le richieste formulate nel pei dal GLO possono essere disattese dal preside e dall’Ufficio scolastico regionale;
3- un’interpretazione riduttiva e deformante dell’accomodamento ragionevole di cui all’art 3 comma 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con diisabilità, ratificata dall’italia con l.n. 18/09.
Sul primo punto (diritto all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione) in vero esiste un’ampia giurisprudenza della Corte costituzionale (una delle ultime sentenze è la n. 275/16) secondo cui gli enti locali non possono violare il diritto allo studio degli studenti con disabilità adducendo motivi di bilancio. Sul punto è stato pubblicato un profondo volume dal Consigliere parlamentare avv. Daniele Piccione che ha seguito l’iter di approvazione della l.n. 227/21, Legge-delega sulla disabilità.
Il volume (Costituzionalismo e disabilità, ed. Zappichelli 2024) confuta la dottrina tradizionale secondo la quale i diritti sociali (tra i quali si colloca il diritto all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione) sono diritti “condizionati” dalla disponibilità delle risorse finanziarie e pertanto non sono diritti costituzionalmente garantiti.
Questa teoria stabilisce apoditticamente pertanto che i cittadini con disabilità non possano pretendere dagli Enti locali prestazioni che gli Enti stessi ritengano di non poter sufficientemente finanziare.
Il CdS con la sentenza dell’8 Agosto scorso sposa acriticamente tale dottrina, ignorando la Giurisprudenza citata dal Consigliere Piccione.
In vero il CdS trova un appiglio letterale nell’art 3 comma 5 e 5 bis del dlgs n.66/2017, in cui, a proposito delle prestazioni degli Enti locali, è presente l’espressione “nei limiti delle risorse disponibili“.
Però tale espressione va collegata alla previsione dello stesso art 5 bis , secondo il quale il tutto deve essere preceduto da una Conferenza Stato-Regioni; infatti da sempre lo Stato assegna per tali compiti alle Regioni ed agli Enti locali dei contributi ad integrazioni delle loro risorse finanziarie.
Pertanto Stato ed Enti locali debbono finanziare l’assistenza scolastica in modo da garantire la fruizione del diritto costituzionale allo studio, di cui quella per l’autonomia e la comunicazione è parte ineliminabile del “nucleo essenziale”, che non può essere violato neppure “per motivi di bilancio”, come stabilito dalla Giurisprudenza costituzionale. Occorre però che, laddove vi siano degli ambiti territoriali, ci siano chiari accordi tra l’ambito territoriale ed i Comuni che ne fanno parte, onde evitare un rimpallo di competenze.
Inoltre occorre evitare che le ore di assistenza non vengano richieste per colmare carenze nel numero di ore di sostegno, o che gli Enti locali destinino tali fondi impropriamente per pagare pure assistenti materiali per l’assistenza igienica, dal momento che tale compettenza spetta alle scuole tramite i collaboratori e collaboratrici scolastiche (art 2 e 7 dlgs n. 66/17 e D I n. 182/20, come integrato dal dlgs n. 53/23 ).
Sul secondo punto (vincolatività del PEI), esiste una sentenza dello stesso CdS n. 2023/17 secondo la quale le richieste formulate nel PEI non possono essere modificate neppure dall’Ufficio scolastico regionale, poichè è il GLO, composto dai docenti, dalla famiglia e dagli operatori sociosanitari che formulano il PEI, che conoscono più di tutti i bisogni educativi degli studenti con disabilità.
Sul terzo punto (accomodamento ragionevole) il CdS travisa il concetto dello stesso, in cui il legislatore dice che “in casi particolari” il diritto degli studenti con disabilità deve essere assicurato in ogni modo evitando oneri finanziari spropositati.
Il CdS , interpreta invece che i casi di oneri finanziari spropositati siano quelli dell’assistenza per l’autonomia e la comunicazione e ciò contraddice la lettera e lo stesso spirito del concetto di accomodamento ragionevole, ripreso dall’art 22 del DLGS n. 62/24 sul diritto al progetto di vita personalizzato e partecipato dalla persona con disabilità, che con questa interpretazione travisata del CdS non sarebbe più un diritto, ma un semplice interesse legittimo.
Dato il conflitto tra questa sentenza e la precedente sentenza della Corte costituzionbale, quella dello stesso CdS e con la corretta interpretazione del concetto di accomodamento ragionevole, si è certi che presto si convocherà un’adunanza generale del CdS in cui tutte le Sezioni dello stesso adotteranno un orientamento certo, che si è convinti sia quello contrario a quello contenuto in questa sentenza.
Conflitti di sentenze sono sempre esistiti e sempre esisteranno, specie se trattasi di sentenze che si ispirano a vecchie dottrine o a quelle che sono orientate dall’evoluzione interpretativa del Diritto.
Si pensi alle prime decisioni della Corte costituzionale che ritenevano i principi fondamentali sanciti in essa come il diritto di eguaglianza, contenute in “norme programmatiche”, cioè in norme che per essere applicabili a casi concreti necessitano dell’emanazione di leggi o regolamenti; tale orientamento conservatore e riduttivo è stato superato dall’interpretazione che tali principi sono contenuti in norme” imperative” e cioè che debbono essere immediatamente applicate.
Però, se leggo un recente articolo assai critico e talora sarcastico, allora mi rendo conto, per i dati puntuali sugli scarsissimi fondi assegnati per il prossimo anno scolastico e per quelli successivi, non solo per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, ma addirittura pure per il progetto di vita, di cui al dlgs n. 62/24) che qui, a parte la discutibile sentenza del CdS, siamo in presenza di una grande illusione. Infatti tale assai scarsa erogazione di somme, stando alla interpretazione corretta della Giurisprudenza costituzionale e del CdS stesso (oltre alla sentenza n. 2023/17, anche la n. 83/19 ), costituisce una palese violazione di tutti i fondamentali diritti delle persone con disabilità a partire dagli studenti.
Ecco perché è indispensabile una urgente “adunanza generale“ di tutte le Sezioni del Consiglio di Stato ed un ricorso alla Corte costituzionale degli articoli del dlgs n. 66/17 che negano il diritto pieno all’assistenza scolastica e quindi la sua esigibilità; infatti non è concepibile che affermazioni contenute in leggi, avallate dalla Giurisprudenza costituzionale, si riducano a come le definisce molto duramente lo storico ispettore Rafffaele Iosa: “verosimile che negli ultimi 10/15 anni la normativa sull’inclusione prodotta dal Ministero sia un pastone parolaio che a voler dire troppo (per mille mediazioni) finisce per non dire nulla di sicuro. Ho chiamato questa fase ‘militarizzazione normativa’, con abbondanti tiri a salve e tante chiacchiere che non contrastano il degrado a cui stiamo assistendo..”