È stato un anno scolastico faticoso, quasi sull’orlo di rinunciarvi, fatto di nuovi cambiamenti, ma soprattutto di stravolgimenti; fatto di piccoli passi, alcuni veloci, più rapidi, altri un po’ più lenti, quasi a farmi apparire, in taluni momenti, fermo nel mio apprendimento, nella mia sollecitata autonomia, nel mio cambiamento.
Ho imparato che a scuola, così come in famiglia, ci sono delle regole da osservare, ma che vi si possono trovare dei professori in grado di “stravolgerle” quando è necessario, che sanno andare e vedere oltre e, come dice mamma, essere dei “pilastri” per sostenere forte il cammino di noi studenti più fragili, e rimuovere, così, alcune difficoltà, rispettando quel modello biopsicosociale a cui ogni insegnante dovrebbe tendere; altre volte, invece, proprio come dovrebbe fare ogni buon genitore, ponendoci delle piccole sfide per spronarci ad affrontare la normalità, nel rispetto dei nostri tempi e per partecipare alla nostra crescita quotidiana, a quel positivo “cambio di rotta”.
Mi è stato insegnato, nei fatti, che la scuola, anche per chi ha difficoltà nel credere in essa, nell’osservarla con gli occhi della normalità, nell’accettarla, per chi vive all’ombra di una “H”, può e deve essere il luogo dove operare il cambiamento e che il cambiamento, come sostiene il mio prof. di sostegno, non inizia necessariamente entrando in un’aula, se ciò non può avvenire, da un compito da svolgere, da una breve operazione di lettura, da un piccolo esercizio di matematica o, ancora, da un foglio su cui semplicemente scrivere o disegnare, ma dallo sguardo, dal sorriso, dal far comprendere il valore di una stretta di mano, dall’ironia, dall’empatia, dal sapere trasformare quella “H” di “Handicap” in una “U” di “Unico” e, non per ultimo, da un abbraccio. Ed è proprio l’abbraccio ciò che prima di ogni cosa mi è stato donato e che alla fine dell’anno è stato per me l’insegnamento più grande, perché ho imparato a donarlo ad altri ragazzi, ai miei insegnanti, e con esso, con pienezza, ho saputo trattenere e restituire al tempo stesso le tante parole, le tante lezioni che mi sono state insegnate nei miei momenti di rabbia, di sfiducia, di pianto, di crisi, di “fuga” dagli altri, altre volte da me stesso, dei tanti “non so perché…”, ma anche di risate, di provocate o spontanee emozioni. Un passo alla volta, un compito alla volta, fino ad essere accompagnato, con inconsapevolezza e stupore, dentro quelle parole, tante, che mi hanno fatto sentire in questa scuola, l’Istituto Superiore Majorana di Palermo, incluso e integrato.
Ma tutto ciò non sarebbe mai avvenuto se prima di ogni cosa non avessi acquisito fiducia verso quel “posso farcela”, anticipata da quei tanti “stai andando bene Manu!”, imparando ad accettare e a fidarmi delle parole di incoraggiamento di Grazia Gottuso, la mia assistente all’autonomia, di quelle di Francesco Augello il mio prof. di sostegno che mi ha guidato nella direzione del “resistere”, della “sopportazione”, della “sfida”, perché, come egli sostiene: “aprirsi al cambiamento significa accettare anche di sopportare il cambiamento stesso e, alla fine, solo resistendo possiamo coglierne il vero senso, la vera sfida”; una trasformazione che in tanti, oggi, alla conclusione di questo anno scolastico, riescono a vedere in me più di quanto io stesso non riesca a percepire e cogliere. Lo hanno osservato e affermato anche i collaboratori scolastici del plesso di via Olimpo, come la signora Marianna Di Bella, il signor Paolo Rera, la signora Rosa Mignano e molti altri che, con occhio vigile, hanno colto ogni mio singolo gesto ed anche quel ritrovato sorriso o abbraccio, quel mio essere ogni giorno sempre meno distante da tutti, pur con i miei tempi ed i miei stabili spazi e regole di serenità.
Questa la mia esperienza, nell’E-book foto album semplicemente io, Emanuele, in ogni foto i miei momenti più salienti vissuti in quest’anno scolastico, quasi a voler scandire quei piccoli passi in avanti, giorno dopo giorno, i miei cambiamenti e con esse per dire grazie alla scuola, a tutti coloro che hanno saputo essere ed essermi, ancor prima che professori ed educatori, maestri nell’accompagnarmi dentro quelle esperienze che ho potuto e saputo maturare e sperimentare.
Se avessi potuto, questo sarebbe stato sicuramente ciò che avrei scritto di mio pugno, ma in fiducia ho lasciato al mio prof. di sostegno di decifrare per me il mio vissuto scolastico, le mie emozioni, ciò che ogni giorno attraverso il mio sguardo, le mie parole, i miei repentini cambi di umore insieme ai miei mutevoli aspetti ho saputo comunicare anche nei lunghi momenti di silenzio.
Ancora una volta, semplicemente grazie!
Emanuele Puglisi
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