Trent’anni fa, il 5 febbraio 1992, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga promulgava la legge 104, la “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
Si portava così a compimento un lungo percorso iniziato nel 1971 con la legge 118 che prevedeva specifiche misure a favore degli alunni “invalidi civili”, percorso che si consolidò nel 1977 con la legge 517 che prevedeva l’inserimento degli alunni “handicappati” nelle classi comuni e la progressiva chiusura delle scuole e delle classi speciali.
Dopo il 1992 la legge 104 è stata corretta, modificata e migliorata.
In campo scolastico vanno ricordati i due decreti legislativi 66 del 2017 e 96 del 2019 che hanno introdotto ulteriori elementi di novità.
Nonostante tutto l’inclusione scolastica continua a procedere con fatica, anzi ci sono anche studiosi ed esperti che sostengono che il peggioramento dei processi è ben visibile ed evidente.
Andrea Canevaro, pedagogista, “padre” storico dell’inclusione, afferma che
i problemi che viviamo oggi sono dovuti ad una sorta di “narcisismo frantumato” che ci ha resi sempre più individualisti facendoci dimenticare i doveri sociali e l’attenzione alla diversità.
Raffaele Iosa, già ispettore scolastico e profondo conoscitore dei problemi della disabilità, ricorda che nel suo discorso di insediamento il presidente Mattarella ha detto: “Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita”.
Sembra insomma che problemi dell’inclusione siano dovuti non tanto ad un “deficit” normativo o ad una sistematica carenza di risorse, quanto piuttosto ad un “clima” sociale e culturale profondamente diverso da quello di 30 anni.
Di questo e molto altro parliamo nel corso della nostra intervista.
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