Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 1798/2024, si è pronunciato su un caso di presunta violazione del diritto all’inclusione scolastica di uno studente con disabilità concludendo che: “il diritto all’inclusione scolastica, pur essendo fondamentale, non è assoluto”.
In pratica, i giudici di Palazzo Spada motivano tale loro decisione richiamando direttamente il concetto di “accomodamento ragionevole”, sancito dall’art 3 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Tale principio, infatti, a loro modo di vedere, implica che gli Stati, pur dovendo garantire il diritto all’inclusione, non sono tenuti a sostenere oneri sproporzionati, considerando dunque eccessivi quelli relativi all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità.
La controversia nasce dalla decisione di un Comune di ridurre le ore di assistenza scolastica (in particolare quelle destinate all’autonomia e alla comunicazione) assegnate ad uno studente per l’anno scolastico 2022/2023, rispetto a quanto previsto nel PEI e richiesto dalla scuola.
Ritornando alla recente Sentenza del Consiglio di Stato, pur rispettando l’autorevole parere dei magistrati di Palazzo Spada, non mi sento di condividerla in quanto non ritengo giusto che i costi vengano anteposti ai diritti. Infatti, un Paese che da priorità al contenimento della spesa rispetto ai diritti fondamentali dell’uomo, qual è ovviamente quello all’inclusione scolastica, è un Paese “malato”, che dimentica colpevolmente la Sentenza “spartiacque” della Corte Costituzionale n. 275/16, la quale ha stabilito in modo inequivocabile che «sono i diritti incomprimibili della persona ad incidere sull’equilibrio di bilancio e non quest’ultimo a condizionare la loro doverosa erogazione».
A parere di chi scrive, la recente Sentenza del Consiglio di Stato rappresenta cioè una brusca battuta d’arresto e rischia di far pericolosamente indietreggiare il processo d’inclusione scolastica dei nostri studenti con disabilità e dimostra una volta di più che, al di là di buone leggi inclusive solo “sulla carta”, in Italia è necessario ancora fare un cambio di paradigma, in modo che gli alunni con disabilità siano considerati come persone uguali nella scuola e non un peso o qualcuno che drena risorse del Bilancio dello Stato.
Pertanto, anche in vista dell’imminente attuazione del Decreto Legislativo n. 62/24 sul progetto di vita, applicativo della Legge delega sulla disabilità n. 227/21 e dell’ormai indifferibile attuazione dei Decreti applicativi del D. lgs. N. 66/17, l’auspicio è che la classe dirigente italiana si riappropri finalmente del primato della politica rispetto a quello dell’economia, rimettendo al centro della scena le persone e gli allieivi con disabilità con i loro diritti fondamentali, in quanto un Paese civile è soltanto quello che riesce a rendere i cittadini più deboli “protagonisti” della collettività.
Solo così facendo, riusciremo, anche in Italia, a far realizzare a tutti gli studenti con disabilità un progetto di vita realmente indipendente, a riconoscere effettivamente i loro sacrosanti diritti all’inclusione, all’autodeterminazione e alla cittadinanza attiva, ma, soprattutto, ad assicurare a tutti e a ciascun alunno , ora e sempre, la dignità di essere umano a trecentosessanta gradi, indipendentemente dalle loro abilità.
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