I lettori ci scrivono

Inclusione scolastica, ridare valore alla parola

Vorrei fare qualche considerazione su questo tempo che stiamo vivendo, sui suoi effetti e sulle modalità con cui la nostra Scuola Sicomoro I-care cerca di affrontare questo nuovo scenario.

Il nostro progetto ha, da sempre, voluto offrire ai ragazzi coinvolti una nuova opportunità di relazione affinché in un luogo, quello scolastico, si potesse vivere con serenità la relazione tra alunno e insegnante, tra alunno ed educatore. Una relazione serena con gli adulti, dunque, ma allo stesso tempo ferma e rigorosa, capace di fornire punti di riferimento e regole che aiutino i nostri ragazzi a strutturarsi nel loro percorso di vita.

Per noi lavorare per l’inclusione significa provare a ridare la parola a tutti perché conosciamo la difficoltà di comprendere, di farsi capire, i percorsi interrotti, le assenze prolungate, il fatto di non essere stati presenti dentro la struttura della cultura. E questa consapevolezza deve aiutarci a generare un luogo dove ci possa essere una opportunità per ridare la parola.

Nel nostro percorso scolastico, fin dall’inizio, abbiamo introdotto due ore di cittadinanza e costituzione, uno spazio dove lavoriamo molto sul tema della “sovranità”. Anche in questi giorni, nella fatica del rimanere connessi, la sovranità della parola rimane in primo piano, perché la parola è preziosa, ci permette di avere successo, di fare passi in avanti nella vita.

Da sempre abbiamo ritenuto fondamentale lavorare sui “tempi” e sul “tempo, strutturando la scansione dell’anno scolastico in quattro fasi distinte: accoglienza, fiducia, responsabilità e raccolta.

In questo periodo dell’anno avremmo dovuto – e stiamo cercando di farlo con gli strumenti che abbiamo a disposizione – concentrarci proprio sul tempo della “responsabilità”, ridando ai nostri studenti, dopo averli accolti, la capacità di mettersi in azione.

E’ evidente che la situazione che stiamo vivendo ci penalizza come sta, del resto, penalizzando scuole di ogni ordine e grado. Io credo, però, che stia penalizzando in modo molto forte proprio chi sta lavorando con situazioni già di per sé fragili. Se l’elemento centrale di questa progettualità, che vorrebbe riportare sui banchi questi ragazzi, lavora sulla relazione di accoglienza, di fiducia, di responsabilità, è chiaro che questo tempo sta diventando un tempo difficile e complicato. Di fronte a questa emergenza abbiamo, dunque, provato a reagire in modo positivo e i primi risultati sono stati davvero sorprendenti.

Chi poteva mai pensare che i nostri ragazzi, così poco abituati ad andare a scuola, a seguire le lezioni, riuscissero invece a organizzarsi? Abbiamo messo in campo tutti gli strumenti disponibili: le telefonate, il contatto personale con ogni alunno e alunna, con le famiglie. Ci siamo collegati tramite Skype con gruppi di pochi ragazzi con cui ricucire e continuare non solo il percorso didattico ma, soprattutto, quello di relazione e di vicinanza.

Ciò che mi preme, in questo tempo complicato, è dare voce ai ragazzi.

In questi giorni abbiamo chiesto loro di esprimere i propri pensieri attraverso i temi.

Mi piace citarne uno in particolare, quello di Andrea, che ha scritto “in questa scuola ho imparato che non c’è solo la matematica o la storia: esiste anche il valore di ognuno di noi e loro sono capaci di tirare fuori il meglio di te in ogni cosa. Io ringrazierò sempre questa scuola perché mi ha fatto scoprire che esisto e se voglio posso credere nei miei sogni e avverarli.”

Ecco, anche in questo tempo difficile, questo tempo in cui diventa complicato entrare in relazione, ci piacerebbe molto continuare questa sfida, proseguire e coltivare questo lavoro di vicinanza.

La prima cosa che ci siamo detti con il nostro consiglio di classe, all’inizio della crisi, è stata che è importante fare sentire ai ragazzi e alle famiglie che ci siamo. Naturalmente utilizzeremo tutti gli strumenti che la tecnologia ci sta offrendo, rispettando i tempi della tipologia dei nostri ragazzi. Ma dobbiamo stare loro vicini, dobbiamo continuare a mettere in gioco la parola perché il problema più grande, in questo momento, è che i nostri ragazzi stanno perdendo il senso del tempo.

Stamattina ero collegato con loro per la lezione di cittadinanza e più di uno mi ha detto “prof, questa notte ho dormito un’ora e mezzo”. “Come mai?”, ho chiesto. “Eh, perché ormai di giorno dormo, mi annoio, non so cosa fare e poi di notte non riesco a dormire”. Io credo che sia questa la grande preoccupazione che dobbiamo avere a cuore: aiutare questi ragazzi, standogli vicino per aiutarli a tenere duro, a mantenere una vita strutturata, perché altrimenti è chiaro che le cose potrebbero ulteriormente complicarsi.

Dovrei raccontare anche delle emozioni che, in questi giorni, i ragazzi ci stanno comunicando, pur nella distanza, e che sono veramente tante e preziose. Ne facciamo tesoro. Per andare avanti. Per non far perdere loro l’occasione della parola.

Padre Eugenio Brambilla

Presidente della Fondazione Sicomoro Onlus per l’Istruzione di Milano

e direttore della Scuola Sicomoro I-care

 

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