Generale

Inclusione scolastica, un lungo percorso iniziato 50 anni fa

Il 30 marzo 1971 è entrata in vigore la Legge n.118 dal titolo “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili” con la quale ha preso avvio il processo d’integrazione sociale che attraverso le graduali modifiche di passaggio dal semplice inserimento all’integrazione scolastica, oggi, dopo cinquant’anni giunge al traguardo dell’inclusione sociale dei disabili e degli studenti “bisognosi di particolari attenzioni”.

La legge 118, risentiva ancora del dramma del dopo guerra ed è stata approvata dal Parlamento dopo il Decreto legge n. 5 del 30 gennaio 1971, con la finalità di facilitare la vita di relazione dei mutilati e degli invalidi civili per l’accesso agli edifici pubblici o aperti al pubblico ed alle istituzioni scolastiche, prescolastiche o d’interesse sociale costruite in conformità alla circolare del Ministero dei lavori pubblici del 15 giugno 1968 riguardante l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Le disposizioni riguardano appunto l’assistenza sanitaria, i servizi dei trasporti pubblici che dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti, i centri di riabilitazione, gli educatori specializzati, l’assegno mensile, di accompagnamento e la pensione degli invalidi.

In nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l’accesso ai minorati; in tutti i luoghi, dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli, che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio agli invalidi in carrozzella”.

Frequenza assicurata Articolo 28

Particolarmente significativi gli articoli 28 e 29 nei quali si legge: “Ai mutilati e invalidi civili che non siano autosufficienti e che frequentino la scuola dell’obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo Stato vengono assicurati:
a) il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola o del corso e viceversa, a carico dei patronati scolastici o dei consorzi dei patronati scolastici o degli enti gestori dei corsi;
b) l’accesso alla scuola mediante adatti accorgimenti per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche che ne impediscono la frequenza;
c) l’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi.
Inizia così il processo d’inserimento scolastico dei disabili nelle classi comuni
.

Prima di allora “i soggetti affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche” detti allora “handicappati” stavano nelle “classi differenziali” della scuola elementare e, nella scuola media nelle cosiddette “classi di aggiornamento”, poi abolite con la Legge 517/1977 e con l’avvento della presenza del “docente di sostegno”.

Il testo di legge recita appunto: ”L’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali“.

Nel medesimo articolo in linea con l’art. 34, “La scuola è aperta a tutti” e il comma 3 dell’art. 38 della Costituzione: “Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale …” si stabilisce che “Sarà facilitata”, inoltre la frequenza degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori ed universitarie. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Vengono così tracciati il percorso e l’orizzonte dell’integrazione scolastica che riconosce agli inabili come fondamentale il diritto all’istruzione ed all’educazione ; oggi tale processo ha assunto una particolare connotazione mediante la cultura dell’inclusività nella prospettiva di una reale “inclusione sociale” di tutti e di ciascuno.

Il comma “la frequenza sarà facilitata” è stato oggetto della sentenza n. 215 /87 della Corte Costituzionale a seguito di un ricorso per la mancata ammissione di una diciottenne portatrice di handicap, a ripetere nell’anno scolastico 1983-84 la frequenza alla prima classe dell’Istituto Professionale di Stato per il Commercio di Roma.

Con dettagliata argomentazione, la Corte Costituzionale ha dichiarato il terzo comma dell’art. 28 della legge n. 118 del 1971 costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, in riferimento ai soggetti portatori di handicap, prevede che “sarà facilitata”, anziché disporre che deve essere ”assicurata“, la frequenza alle scuole medie superiori.
Ecco un’altra tappa verso la cultura dell’inclusione

Scuola in ospedale – Cpia Art. 29

Nell’art. 29 vengono definiti i presupposti della scuola in ospedale, della scuola serale per i lavoratori nel rispetto e in attuazione dell’art. 34 della Costituzione che assicura a tutti il servizio scolastico, obbligatorio e gratuito, così da poter eliminare la piaga l’analfabetismo.

Anche gli attuali CPIA- Centri Provinciali Istruzione degli adulti- trovano all’art. 29 le radici del loro essere un servizio alla società, in quanto rendono agevole il recupero dell’abbandono scolastico ed il processo di accoglienza e d’inserimento sociale degli extracomunitari.

Le graduali modifiche dei termini indicativi della disabilità: minorati, portatori di handicap, handicappati, in “diversamente abili”, “disabili” determinano le tappe di un’evoluzione positiva della cultura dell’inclusione che oggi tende a connotare l’intera istituzione scolastica nell’esercizio di un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, mediante la condivisione unanime di diritti e di doveri.

L’impianto disciplinare, prefigurato nella legge n. 118/1971, è poi confluito nella legge n. 104/1992, che riconosce e avvia il processo d’integrazione indirizzata oggi dalla pedagogia speciale verso la prospettiva dell’inclusione, punto d’arrivo di un “processo irreversibile” di relazioni, e di approccio bio-pisco-sociale che vede la scuola protagonista responsabile.

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Giuseppe Adernò

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