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Indagine Istat sull’inserimento professionale dei ricercatori

I dati appena riportati si riferiscono alla prima indagine sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca realizzata dall’Istat tra dicembre 2009 e febbraio 2010e presentata il 14 dicembre.
La rilevazione, che fa parte del sistema integrato di indagini sulla transizione istruzione-lavoro, ha riguardato due gruppi di ricercatori: quanti hanno conseguito il titolo nel corso del 2004 e del 2006. L’indagine ha pertanto rilevato la condizione occupazionale a circa tre e cinque anni dal titolo e non ha riguardato solo un campione, ma tutti i 18.568 dottori di ricerca delle due leve.
Com’è presumibile, i livelli di occupazione variano a seconda dei diversi ambiti disciplinari. Si registra in particolare la quasi totale occupazione nell’area dell’ingegneria industriale e dell’informazione (oltre il 97% lavora), mentre la percentuale è più contenuta nei corsi riguardanti le scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche (88,2%), le scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche (89,0%) e le scienze politiche e sociali (89,5%).
Rispetto alle differenze di genere, l’indagine fa registrare una situazione relativamente più favorevole per gli uomini rispetto alle donne, anche se i differenti livelli di occupazione complessivi risultano determinati dalle quote di occupati prima del conseguimento del dottorato: più elevate per i maschi in ambo le coorti e con una differenza più accentuata in quella del 2006.
Ma quanti hanno ottenuto un lavoro stabile? È ancora molto consistente la presenza di persone impegnate in lavori a termine (oltre il 35%). Molti sono infatti i dottori occupati in posizioni professionali a tempo determinato o impegnati in assegni di ricerca o borse post-dottorato.
Per coloro che ha conseguito il titolo nel 2006, la quota di occupati in posizioni subordinate a tempo indeterminato risulta infatti solo del 38%, mentre la leva del 2004 mostra un’incidenza maggiore di lavori alle dipendenze con contratto a tempo indeterminato (52%).
Relativamente alla retribuzione, i dottori di ricerca del 2006 che lavorano a tempo pieno guadagnano in media 1.687 euro netti al mese. A cinque anni dal titolo, la retribuzione netta media mensile risulta solo leggermente più elevata: 1.759 euro.
Ad eccezione dell’area dell’ingegneria industriale e dell’informazione (in cui non si rileva alcuna differenza di genere), le remunerazioni degli uomini risultano sempre più elevate rispetto a quelle delle donne (mediamente quasi del 17%), con differenziali anche di 400 euro.
La maggioranza dei dottori di ricerca si dichiara “molto” o “abbastanza” soddisfatta per le mansioni svolte, il grado di autonomia e la possibilità di arricchimento professionale, mentre oltre il 40% si dichiara “poco” o “per nulla” soddisfatto rispetto alla possibilità di carriera, trattamento economico e stabilità del posto di lavoro.
Riguardo alla mobilità, al momento dell’intervista coloro che, pur avendo conseguito il titolo in Italia, vivono all’estero rappresentano complessivamente il 7% del totale, con quote leggermente più elevate tra gli uomini che tra le donne (8% e 6% rispettivamente) e tra quanti hanno ottenuto il titolo nel 2006 (7,8%) rispetto a coloro che lo hanno conseguito nel 2004 (6%).
La propensione al trasferimento è senz’altro legata alle “esperienze internazionali” maturate durante il dottorato e a quelle immediatamente successive al conseguimento del titolo.

Nell’ordine, i Paesi che hanno maggiormente “attratto” i dottori di ricerca di nazionalità italiana sono gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito, la Francia, la Germania e la Spagna; graduatoria che rimane pressoché inalterata anche riguardo alle differenze di genere e all’anno di conseguimento del dottorato.

Lara La Gatta

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