Promossa, in accordo con il Miur, dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu), l’indagine è stata svolta dal Consorzio per la ricerca e l’educazione permanente (Corep) in collaborazione con l’Osservatorio regionale per l’Università e per il diritto allo studio universitario del Piemonte.
L’Indagine nazionale sui master universitari, che ha per sottotitolo "Il ruolo delle università nella formazione professionale post-lauream", si è conclusa lo scorso anno e ha analizzato, attraverso un questionario somministrato ai direttori dei master, 1.313 corsi attivati negli anni accademici 2002/2003 e 2003/2004.
Prevalentemente attivati da Atenei del nord Italia (42,5%), i master del biennio 2002-2004 sono principalmente afferenti ad aree disciplinari di tipo economico-sociale e umanistico-letterario (circa il 55%). I corsi, con classi compostemediamente da 23 studenti, hanno avuto una durata intorno ai dodici mesi.
La quota di iscrizione varia dalla gratuità a un massimo di 14.500 euro (quasi il 60% dei master ha previsto borse di studio, per la maggior parte tuttavia non destinate a studenti in condizioni economiche disagiate, i quali hanno ricevuto soltanto il 45,5% del totale dei suddetti incentivi). Beneficiari della maggior parte dei finanziamenti pubblici (risorse provenienti dal Fondo Sociale Europeo e da enti pubblici), sono stati gli Atenei del sud Italia ad offrire in modo più diffuso borse di studio (70%). Seguono gli Atenei del centro Italia, prevalentemente finanziati da risorse derivanti da tasse di iscrizione, mentre quelli del nord Italia beneficiano in buona parte di risorse erogate da sponsor.
I corsi post-lauream si avvalgono di strumenti didattici quali lo stage (70%) e lo studio di casi (57%). Il 41% dei master ha previsto uno stage all’estero.
I master sono ritenuti dai direttori strumenti validi per l’integrazione di conoscenze scientifiche e competenze professionali (60%), per gli sbocchi professionali coerenti con il diploma (42.5%), per la motivazione degli allievi (41%) e per l’utilità dello stage (37%). Le debolezze segnalate sono soprattutto la mancanza di risorse (indicata dal 49% dei direttori), i costi a carico degli studenti (48%), e il sostegno giudicato insufficiente da parte del mondo del lavoro (27%).
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