Non si arrestano le polemiche per la pessima collocazione nell’area Ocse della cittadinanza italiana, sul fronte delle competenze linguistiche e matematiche, a seguito di un’indagine PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) condotta in Italia dall’Isfol: a ritornare sull’argomento il giorno è ancora il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che già aveva commentato gli stessi dati con molto realismo assieme al responsabile del Miur, Maria Chiara Carrozza.
Stavolta, Giovannini è stato ancora più duro di ventiquattrore prima: l’indagine Ocse-Isfol, ha detto, “dimostra quanto gli italiani siano poco occupabili”. È evidente che spesso, ha aggiunto, non hanno le conoscenze necessarie. Dopo aver anche stavolta ricordato i passi avanti fatti nell’ultimo periodo, il ministro del Lavoro ha concluso con una frase che sa di sentenza: “ne usciamo con le ossa rotte”, questo studio su 24 paesi a confronto “ci mostra quanto siamo indietro in termini di capitale umano”.
Le parole di Giovannini non hanno lasciato indifferenti i sindacati. Per il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, non basta dire che gli italiani sono “poco occupabili. Il ministro – afferma Loy – ha il dovere di indicare proposte chiare per affrontare il tema, che certamente incide sull’occupabilità: abbiamo miliardi di fondi Ue da spendere e non sappiamo come”. Il sindacalista Uil ha comunque ammesso di condividere “le preoccupazioni del ministro Giovannini sul sistema dell’istruzione: per anni sono state ridotte le risorse alla scuola pubblica ed è mancata una politica della formazione”.
Per la Cisl, invece, il Ministro ha esagerato: “è sbagliato da parte del ministro Giovannini dare una immagine troppo negativa del nostro Paese, del nostro capitale umano e di conseguenza del nostro mercato del lavoro”, ha dichiarato il segretario confederale Luigi Sbarra. I dati Ocse, secondo il rappresentante Cisl “danno qualche segnale di miglioramento rispetto ad altre rilevazione degli anni passati, ma confermano la necessità e l’urgenza di investire in maniera più concreta sul miglioramento del capitale umano e sulla sua occupabilità” con interventi che partono dall’alternanza scuola-lavoro, fino alla formazione continua e al collegamento tra politiche attive e passive.
Severo è anche il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino. ”Non sono i lavoratori che scelgono di essere ‘inoccupabili’, mentre dipende in parte da precise responsabilità del ministro Giovannini”. La sindacalista ricorda che il governo ha depotenziato il fondo per la formazione continua e che la scarsa occupabilità è dovuta al ”disinvestimento nell’istruzione” e dalla ”mancanza di politiche attive” e sollecita l’applicazione della legge 92 sull’apprendiemento permanente.
Severo è anche il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino. ”Non sono i lavoratori che scelgono di essere ‘inoccupabili’, mentre dipende in parte da precise responsabilità del ministro Giovannini”. La sindacalista ricorda che il governo ha depotenziato il fondo per la formazione continua e che la scarsa occupabilità è dovuta al ”disinvestimento nell’istruzione” e dalla ”mancanza di politiche attive” e sollecita l’applicazione della legge 92 sull’apprendiemento permanente.
Sullo studio ha voluto dire la sua anche Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir: “la clamorosa bocciatura emersa dal rapporto Ocse-Isfol – ha detto – conferma quello che il sindacato sostiene da tempo: occorre prima di tutto agire con urgenza per rendere obbligatoria la frequenza della scuola sino alla fine delle superiori. poi E’ indispensabile restituire ai nostri allievi quel 10% di tempo scuola sottratto nell’ultimo quinquennio con le riforme Gelmini. La terza operazione – ha aggiunto il sindacalista Anief-Confedir – è finalizzata a dare un’inversione di tendenza alla ‘piaga’ dei neet, quei 2 milioni e mezzo di giovani, quantificati solo alcuni giorni fa dal Cnel, che vivono le loro giornate senza studiare né lavorare: è giunto il momento di avviare una seria riforma dell’apprendistato, prendendo come modello la Germania, dove il collegamento con le aziende e reale e proficuo”.