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Indennizzi ai precari, sempre più tribunali dicono sì

Mentre si parla e si legifera sempre più insistentemente su temi riguardanti la revisione della spesa pubblica, tema ormai sempre più riassumibile con l’abusato termine “spending review”, fa davvero pensare che lo Stato debba continuare a risarcire un numero sempre più alto di precari della scuola con decine di migliaia di euro ciascuno. A stabilire l’entità degli indennizzi, quasi sempre derivanti dall’adozione di supplenze reiterate, ben oltre il limite massimo dei tre anni indicati dall’Ue, sono i tribunali italiani. Che di fronte alle richieste dei supplenti “eterni”, sembrano ormai sempre più spesso orientati ad accogliere i ricorsi. Con il ministero dell`Istruzione, di conseguenza, condannato all’esborso di cifre tutt’altro che simboliche.
L’ultima sentenza arriva da Milano, dove la sezione Lavoro del tribunale meneghino ha risarcito con una somma complessiva di circa 280mila euro sette insegnanti precari: gli aspiranti docenti erano assistiti dal Codacons, l’associazione che alcuni mesi fa ha lanciato i ricorsi collettivi contro il Miur in favore di docenti e personale scolastico.
Secondo il giudice del tribunale milanese, Riccardo Atanasio, questo comportamento dell’amministrazione non può essere accettato, perché “le norme si limitano ad individuare fattispecie di assunzioni a termine in funzione delle esigenze temporanee che il legislatore è andato ad individuare. Sicché – spiega ancora il giudice nella sentenza – si deve certamente addivenire alla conclusione che queste esigenze temporanee, per così dire tipizzate, di assunzione nella scuola del personale docente a ATA possono certamente integrarsi con le norme contenute nella L. 368/01 ma solo nella misura in cui – trattandosi di norme speciali – prevedono fattispecie di assunzione temporanea legalmente determinate“.
Il giudice Atanasio ha quindi condannato “il Ministero convenuto a risarcire alla parte ricorrente il conseguente danno determinato in 10 mensilità dell`ultima retribuzione percepita nonché il danno scaturente dal mancato riconoscimento della anzianità di servizio maturata oltre interessi di legge“.
Entusiasta il Codacons, anche in vista delle centinaia di sentenze in arrivo innescate per motivazioni analoghe:”si tratta di una sentenza molto importante – commenta l’associazione dei consumatori – che spiana la strada ai risarcimenti in favore dei circa 2mila precari della scuola che, attraverso di noi, hanno fatto causa al Ministero dell`istruzione al fine di veder riconosciuti i propri diritti di lavoratori e ottenere le retribuzioni finora non percepite, a causa della perenne condizione di precarietà“.
E quando si parla di ricorsi dei precari non si può non citare l’Anief. Che non a caso, sempre in questi giorni, ha fatto sapere che il proprio legale per il Lazio, l’avvocato Salvatore Russo, ha ottenuto quattro pronunciamenti positivi su situazioni similari. In un caso il giudice Cristina Pangia, del tribunale di Roma, ha riconosciuto l’illiceità della stipula dei contratti oltre il terzo anno consecutivo, su posti vacanti, poiché siamo di fronte a significative “esigenze lavorative stabili, e non temporanee ed eccezionali, talché la rinnovazione di rapporti a termine tra le parti in causa è comunque abusiva, in base alla Direttiva 1999/70/CE”.
Applicando il comma 4 dell’art. 18 dello Statuto del Lavoratori, il giudice ha inoltre rimarcato “il diritto del lavoratore a conseguire il risarcimento del danno pari a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto”. Ma non solo, ha anche ritenuta adeguata l’applicazione del comma 5 della norma stessa, la quale “prevede il pagamento di quindici mensilità della stessa retribuzione, in sostituzione (come nel caso in esame) del posto di lavoro al quale lo stesso lavoratore aveva diritto a far tempo dalla prima illegittima assunzione”. In virtù di tutto cià, il Miur è stato, quindi, condannato al pagamento, per ciascuno dei tre ricorrenti, di una “indennità pari a venti mensilità della retribuzione globale di fatto”, oltre ai versamenti contributivi previdenziali ed assistenziali e al pagamento delle spese processuali.
Sempre il giudice Pangia ha dato ragione al sindacato autonomo riconoscendo il diritto all’estensione di quattro contratti a termine stipulati “erroneamente” dal Miur al 30 giugno (poiché i posti erano privi di titolare e quindi da assegnare fino al 31 agosto) e rilevando che “a fronte delle specifiche contestazioni di parte ricorrente (con riguardo alla insussistenza di ragioni sostitutive, trattandosi di posto vacante), l’amministrazione resistente non ha dedotto al riguardo alcunché, limitandosi a contrapporre generiche argomentazioni difensive”. Ha, quindi, condannato l’amministrazione a “pagare alla stessa ricorrente le retribuzioni relative ai mesi di luglio e agosto dei predetti anni scolastici, oltre agli interessi legali”, sempre con ulteriore pagamento delle spese processuali liquidate.
L’Anief ha infine citato la sentenza del tribunale di Tivoli, a due passi dalla capitale, attraverso cui il giudice ha stavolta riconosciuto il diritto dei ricorrenti a percepire gli scatti automatici in busta paga nella stessa dei docenti di ruolo “dal periodo successivo al secondo anno di contratto annuale”.
Alessandro Giuliani

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