L’Istituto Invalsi è finito sotto accusa da parte dell’associazione Roars. Il motivo? I nuovi indicatori di fragilità individuali usati dall’Istituto per individuare gli studenti più “fragili”, ossia quelli che hanno i risultati più scarsi in alcune materie. Secondo l’associazione, come riporta Il Corriere della Sera, si tratta di una vera e propria “schedatura di massa”. Lo stesso Roberto Ricci, presidente Invalsi, è dovuto intervenire sul tema per difendere l’operato dell’Istituto.
Ma andiamo con ordine. A giugno il ministero dell’Istruzione ha stabilito per decreto di assegnare a circa il 40% delle scuole (3198, per l’esattezza) 500 milioni di euro per progettare attività di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, in attuazione del PNRR. L’Invalsi ha così deciso, a fine ottobre, di dare ad ogni scuola un quadro chiaro della situazione di “fragilità” di ognuno dei propri studenti, classe per classe.
A tal fine ha reso disponibili agli istituti dei codici che possono essere convertiti in nomi e cognomi. Lo studente disagiato potenziale, per l’Invalsi, è colui che nel test raggiunge i livelli 1 e 2. Il livello 3 identificherebbe un rischio fragilità, mentre i livelli dal 4 in su, nessuna fragilità.
Quindi, attraverso queste indicazioni, le scuole potranno provvedere a mettere in moto azioni di contrasto mirate finanziate dal PNRR. Perché non usare i voti? Questi non sono comparabili a livello europeo; da qui l’idea di usare un criterio diverso per spartire i fondi del PNRR.
L’accusa di Roars: certificazione di disagio
Secondo Roars questo procedimento è inammissibile: gli studenti bisognosi di attenzione vengono praticamente etichettati. “Di fatto, si sta realizzando una profilazione di massa per individuare precocemente gli studenti che maggiormente sono esposti ai rischi connessi all’insuccesso scolastico”, denuncia l’associazione.
“Le famiglie stanno ricevendo una sorta di certificazione di disagio (di livello 1 o 2 o di disagio potenziale) per tutti gli studenti che hanno fallito i test. Il bollino si guadagna se si ricade nella coda dei peggiori nello svolgimento di prove, il cui contenuto non è noto a nessuno, se non allo studente che ha fatto il test e a coloro che lo hanno corretto (semiautomaticamente). Per le famiglie i cui figli risulteranno schedati dall’Invalsi stavolta non ci saranno colloqui da prenotare, mail di chiarimento da scrivere o incontri con i docenti per capire: gli insegnanti sono i primi a non conoscere la prova svolta dai loro studenti, quindi non sono in grado di argomentare alcunché”, concludono.
La replica di Ricci: nessuna etichettatura
La risposta di Roberto Ricci, presidente Invalsi, non si è fatta certo attendere. Secondo quest’ultimo la situazione non è così “apocalittica” come è stata descritta. “Sono falsità. Nessuna famiglia sta ricevendo lettere di fragilità. E i fondi del Pnrr sono stati distribuiti anche sui dati Invalsi, ma secondo il criterio che viene auspicato da tutti, cioè per aiutare i fragili”, ha detto.
Secondo Ricci si sta agendo nel migliore interesse degli studenti e non si sta mettendo a repentaglio la loro privacy: “Più hai allievi con risultati bassi, più soldi hai: e parliamo di diverse decine di migliaia di euro. Nessuna etichettatura, nessuna certificazione di fragilità. Semplicemente, la scuola chiede ad Invalsi di attaccare il valore di questo indicatore a ciascuna scheda studente, sempre in forma anonima, e il dirigente ne fa quello che ritiene più opportuno. Se poi la scuola vuole aggiungere, o sottrarre o modificare dei dati può farlo: significa che accanto ai dati Invalsi si potranno considerare altri aspetti della fragilità dello studente”.
“È un file elettronico dove non abbiamo nomi e cognomi, che non possono e non devono uscire dalla scuola: la scuola ha solo un dato che può decidere come usare. Nessuna certificazione, nessuna etichettatura. L’idea è proprio quella di fornire indicatori che probabilisticamente individuano dei fragili. Come dire: se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati rischi, e mi controllerò per prevenirli. Un’altra lettura delle cose favorisce l’oscurantismo”, ha concluso duro Ricci fornendo la sua versione.