Proponiamo, seguendo le Nuove Indicazioni nazionali, due testi da usarsi nella classe finale della scuola secondaria di primo grado. Il primo è in lingua latina: forse gli allievi faticheranno un poco nel “ribaltarlo” in lingua italiana, ma sarà compito del Maestro che, come affermano sempre le Nuove indicazioni è magis (p. 9) soccorrere i discenti nella traduzione. Ricordiamo cheè necessario “collegare il mondo che si è espresso in latino con l’esperienza degli studenti e con la realtà contemporanea, instaurando una virtuosa dinamica di acquisizione del passato, comprensione del presente e confronto con le sue istanze, preparazione per il futuro”. A questo fine – e per integrare LEL[1] ed educazione civica – proponiamo un secondo testo in lingua italiana che, con altre implicazioni tratta lo stesso argomento.
Seguono i due testi:
Olim garrula cicada in frondosa silva canebat, laboriosa formica autem assidue laborabat. Cicada formicam videt et bestiolae industriam ita vituperat: “Stulta formica, cur vitam tuam in opera dissipas? Ego contra in umbra requiesco, vitam laetam et sine curis ago et agricolas delecto”. At sedula formica cicadae pigritiam contemnit, nec insolentiam curat, sed in sua opera perseverat. Cum autem hiemens venit propter pristinam industriam formicae magna copia micarum est et cum laetitia vivit; cicada, contra, neglegentia sua escas non habet et in miseria est. Tunc formicam implorat: “Da mihi, quaeso, paucas micas quia famelica sum”. Sed improvidae cicadae formica respondet: “Antea canebas, nunc salta!”.
Traduzione (per insegnanti non magis): La cicala vide la formica e in questo modo criticò il lavoro della bestiola: “Stolta formica, perché sprechi la tua vita nel lavoro? Al contrario, io mi rilasso all’ombra, vivo una vita lieta e senza preoccupazioni e faccio rallegrare i contadini”. Tuttavia la diligente formica disprezzò la pigrizia della cicala e non badò alla sua insolenza ma perseverò nel suo lavoro. Però quando giunge l’inverno, grazie al suo precedente impegno, c’è grande abbondanza di briciole e la formica vive con letizia; la cicala, al contrario, a causa della sua negligenza non ha cibo e si trova in uno stato di miseria.
Allora implora la formica: “Dammi poche briciole, per favore, poiché sono affamata”. Ma la formica risponde alla cicala che non è stata previdente: “Prima hai cantato, adesso balla”.
Ed ecco la nuova versione della celebre fiaba, firmata da Olindo Guerrini alias Argia Sbolenfi. Come tutti possono constatare, Olindo Guerrini era all’avanguardia: pur essendo nato nel 1845 aveva un’identità alias (soltanto per i non- magis: Argia è un nome femminile):
La cicala avea cantato
tutto luglio a perdifiato.
Quando il caldo fu sparito,
si sentì molto appetito
ed andò dalla formica
domandandole una spica.
La formica le richiese:
«Che facesti l’altro mese?».
La cicala allora riprese:
«Ho cantato, o dolce amica!»
«Brava!» disse la formica
«Tu facesti arcibenone
ed invece d’una spica,
prendi cara, ecco un zampone!»
MORALE
Imitate in ogni cosa
la formica generosa.
Non è chi non veda il progresso compiuto dall’umanità occidentale nel passaggio da Esopo – Fedro ad Argia Sbolenfi. La formica “antica” è laboriosa ma gretta, prende in giro la povera cicala che ha seguito la sua vocazione canterina; ha accumulato e disprezza chi, come la cicala, non possiede nulla. Anzi, fa di peggio: la prende in giro. Laboriosa e boriosa, la pessima formica, che, a differenza della cicala, non ha rallegrato nessuno ma ha pensato soltanto ad accumulare, non è nemmeno sfiorata dall’idea di aiutare l’altra creatura in difficoltà. Invece, Argia Sbolenfi ci presenta una formica generosa, che dà più di quello che le si chiede – non “una spica” ma “un zampone”! La cicala ha un talento e canta, la formica è laboriosa, umile e apprezza il talento. La generosità, come primo e più importante collante della coesione sociale è un’idea che i discenti potranno ulteriormente approfondire. D’altra parte, la libertà non ce l’hanno insegnata né Atene, né Roma né tantomeno la litigiosa Gerusalemme (vedi Giuseppe Flavio) ma è il frutto, ancora acerbo, di un albero che non appartiene all’Occidente ma all’umanità.
Dopo Argia Sbolenfi, si è espresso sul rapporto tra cicala e formica anche quel genio che era Gianni Rodari. Semplice, limpido, diretto:
Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!
Rodari aggiunge un tratto gentile alla sarcastica critica di Argia e non esita a riconoscere nel dono che la cicala fa del suo canto qualcosa che è superiore all’utilitarismo egoista della formica.
Perciò, nel rispetto delle Nuove indicazioni (ancorché il testo abbisogni di essere emendato, soprattutto nei passaggi in cui fa dell’Occidente il luogo geometrico di qualsiasi cosa buona accaduta nella storia dell’umanità) proponiamo oggi, 2 Aprile 2025, ai Maestri (così, con la maiuscola, nelle Nuove Indicazioni) e soprattutto alle Maestre il semplice percorso di cui sopra: da Fedro a Rodari se ne sono fatti passi in avanti! Prima o poi, se la pace non ci abbandonerà, potremmo addirittura arrivare a realizzare il più civico dei motti: “ad ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni”.
[1] Acronimo spiegato nell’Indice delle Nuove indicazioni.
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