
L’inserimento del latino nei nuovi “programmi” della secondaria di primo grado fa discutere insegnanti ed esperti.
C’è chi sostiene che il latino è una disciplina altamente formativa che “insegna a ragionare” e chi pensa che le competenze in campo logico e linguistico si potrebbero ottimamente conseguire studiano di più e meglio la lingua italiana.
Anche perché in molti casi potrebbe accadere che la scuola non abbia in organico docenti abilitati ad insegnare il latino (ma il Ministro si è già preoccupato di rassicurare tutti dicendo che verranno assegnate a tutti il personale necessario).
Il dato che lascia maggiormente perplessi riguarda però l’orario riservato alla disciplina: un’ora all’anno per due anni scolastici, a conti fatti una sessantina di ore nella migliore delle ipotesi.
Chiunque abbia studiato un po’ di latino sa benissimo che con 60 ore, per di più diluite in questo modo, non si può imparare molto.
D’altronde nella scuola media “seria” di inizio anni ‘ 60 (quella che Galli Della Loggia, Paola Mastrocola, Luca Ricolfl e tanti altri rimpiangono) il latino si studiava per almeno 4-5 ore alla settimana e le 60 ore di insegnamento si esaurivano in 12 settimane: in pratica si arrivava alle vacanze di Natale di prima media avendo studiato tutto quello che le nuove Indicazioni prevedono come programma di due anni.
E in effetti tutto è proporzionato perché i contenuti previsti sono modesti, anzi modestissimi: si parla di studiare i sostantivi della prima e della seconda declinazione insieme con forme verbali semplici.
Questo in pratica significa che dopo due anni di latino facoltativo gli alunni non potrebbero neppure apprezzare una banalissima favola di Fedro.
La storiella della volpe e dell’uva che un tempo si traduceva già a Natale ora sarebbe del tutto incomprensibile persino dopo due anni di studio “matto e disperato” perché si apre esattamente con una parola della terza declinazione (fame), così come della terza declinazione è la stessa parola latina volpe.
Ma c’è di più: persino i più semplici testi della tradizione cristiana risulterebbero poco accessibili ai ragazzi.
La preghiera dell’ Ave Maria contiene diverse parole di terza declinazione e lo stesso Padre Nostro usa un verbo in forma passiva (“santificetur nomen tuum”, cioè “sia santificato il tuo nome” e tra l’altro nomen è parola di terza declinazione neutro e imparisillabo, insomma quasi inarrivabile se non dopo decine di ore di studio).
Come pronosticano già molti docenti il rischio è che l’ora facoltativa di latino si risolva in una mezza perdita di tempo, tempo che potrebbe invece essere meglio utilizzato studiando un po’ di più l’italiano o la storia.