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Indicazioni Nazionali lingua italiana, un colpo di spugna su Mario Lodi, Rodari e De Mauro [INTERVISTA a Loiero – GISCEL]

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April 24, 2025

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Il dibattito sulle Nuove Indicazioni per il primo ciclo prosegue. In questi giorni si stanno moltiplicando le iniziative pubbliche anche in vista dell’ormai imminente pubblicazione del decreto ministeriale definitivo (si parla di fine aprile).
Continuiamo a raccogliere pareri di studiosi ed esperti.

Oggi parliamo con Silvana Loiero, formatrice, già dirigente scolastica, una lunga presenza nel GISCEL (Gruppo intervento e studio nel campo della educazione linguistica), ma anche componente della Commissione per la redazione delle Indicazioni nazionali del 2007.

Volendo usare una battuta sintetica per definire il capitolo delle Nuove Indicazioni dedicato alla lingua cosa potremmo dire?

Mi pare che possiamo fare riferimento alla sintesi dello stesso ministro Valditara che ha detto che i ragazzi hanno bisogno di una scuola che torni a insegnare le regole della grammatica e della sintassi, che ridia importanza ai riassunti, che aiuti a coltivare la memoria ritornando a far studiare le poesie, che insegni la logica e il ragionamento con il ritorno del latino e che insegni a scrivere bene perché il corsivo è il modo di esprimersi di chi riflette mentre lo stampatello è tipico di chi urla.

Le Nuove Indicazioni sembrano proporre un ritorno al passato che, detto così, potrebbe sembrare una riscoperta di valori condivisi da molti: riassunti, poesie, corsivo… che c’è di male?

In realtà, dietro a questa apparente nostalgia, c’è ben più di un ritorno a una scuola delle regole: c’è il rischio di una riduzione della lingua a un sistema rigido di norme, dove la creatività, il pensiero critico e la pluralità linguistica rischiano di restare fuori dalla porta. Non basta ridare valore alla memoria se non si insegna anche a usare la lingua per costruire pensieri e partecipare alla società.”

Vuole provare a mettere in evidenza cosa c’è di nuovo o di diverso rispetto ai documenti del 2007 e del 2012?

Le nuove indicazioni presentano un cambiamento davvero rilevante nella visione dell’insegnamento della lingua italiana rispetto al documento del 2012 e di conseguenza anche a quello del 2007. Non si tratta di una semplice revisione tecnica ma siamo di fronte ad una trasformazione di fondo, ad una concezione del tutto diversa della lingua, del ruolo della scuola e del cittadino che si intende formare

Facciamo qualche esempio?

Ci sono nel testo frasi molto indicative.
Per esempio si dice che la scuola resta la sede principale per la trasmissione di conoscenze legittimate in senso storico culturale; e poi, a proposito della grammatica si deve trasmettere all’allievo, prima ancora delle regole e assieme ad esse, il sentimento dell’importanza della correttezza linguistica e formale.
In queste frasi ci sono termini che in tutti questi anni avevamo cercato di cancellare dal lessico scolastico; speravamo di aver eliminato la scuola trasmissiva a favore della scuola del dialogo, ma adesso questo termine ritorna.
E speravamo anche di aver cancellato il termine “correttezza”. Ora è evidente che in campo linguistico la correttezza è importante, ma nel testo delle Nuove Indicazioni si enfatizzano eccessivamente la correttezza formale della lingua, la morfologia, l’ortografia, la sintassi, la punteggiatura. La lingua viene vista solo come un insieme di regole da applicare piuttosto che come un mezzo di espressione personale sociale culturale.

Sembra quasi un colpo di spugna sulla scuola che in tanti hanno contribuito a costruire fin dagli anni ’60 e ’70, a partire da Mario Lodi, Bruno Ciari, Gianni Rodari e Don Milani

Forse noi che abbiamo lavorato a quel modello di scuola abbiamo almeno tre “gravi colpe”: abbiamo lasciato troppo spazio alla parola degli studenti, abbiamo valorizzato il pensiero divergente e abbiamo dato legittimità alla lingua d’uso, alla pluralità dei registri linguistici. Ma, naturalmente, è arrivato il momento di rimediare! Adesso si deve ritornare all’unica vera triade che salva la scuola: il riassunto, la calligrafia e il latino. (E, per favore, chi non ha mai scritto un buon riassunto non può certo pretendere di avere un’opinione su cosa sia un buon apprendimento…Se ridurre l’apprendimento a riassunti e correzioni di grammatica è tutto ciò che ci viene chiesto, allora siamo davvero lontani da un vero approccio educativo, che dovrebbe stimolare pensiero critico e creatività).
Battute a parte mi sembra che la situazione sia grave perché si tenta di negare un dato culturale, ma anche politico, di grande importanza: la lingua serve ad esercitare la cittadinanza e non a praticare la calligrafia.
Senza considerare che queste Indicazioni mettono in evidenza il primato della scrittura, mentre, soprattutto alla scuola primaria si deve lavorare molto sulla oralità e quindi sul parlato e sull’ascolto.

E poi c’è una diversa idea della funzione dell’errore…

Queste Nuove Indicazioni intendono la scrittura come un dispositivo di controllo, noi per decenni abbiamo parlato dell’importanza dell’errore, dell’errore come leva pedagogica, come una tappa nell’apprendimento e invece ora di si parla degli errori ma solo per sottolineare la necessità di correggerli.
Alle persone che hanno scritto questa parte vorrei suggerire la lettura del “Libro degli errori” di Gianni Rodari.

Un colpo di spugna anche sul grande lavoro teorico di Tullio De Mauro

Nel corso di una trasmissione televisiva, la coordinatrice della Commissione, la professoressa Perla, si è spinta a dire che l’educazione linguistica democratica di Tullio De Mauro deve essere gettata dalla finestra.
Forse prima di fare questa affermazione sulle 10 tesi dell’educazione linguistica democratica avrebbe dovuto rileggerle, non perché debbano essere considerate un feticcio ma perché sono un progetto vivo.
Paradossalmente, questa battuta infelice della professoressa Perla ha avuto però un risultato opposto: da qualche settimana tantissimi docenti le hanno riprese in mano, le hanno ben lucidate e le hanno rimesse in circolo perché le 10 tesi sono dei pilastri per la scuola e la scuola è un edificio che non può vivere senza pilastri.

Quale figura di studente e quale figura di docente emergono dalle Nuove Indicazioni?

Mi pare chiaro: si parla dello studente ideale, quello che esegue bene i compiti e che risponde correttamente ai test, ma soprattutto è lo studente che scrive senza errori; al bravo studente non si chiede di essere creativo, riflessivo o curioso ma di essere un vero e proprio esecutore.
Pazienza se poi è un allievo che non conosce la sua storia linguistica e non conosce le proprie radici linguistiche.
E così cambia anche il ruolo dell’insegnante che si trasforma da mediatore e facilitatore dell’apprendimento in controllore responsabile della prestazione formale dello studente.

Una battuta conclusiva: molti sostengono che alla fin fine, in barba a ciò che sta scritto nelle Indicazioni, i docenti faranno quello che vogliono e così non cambierà proprio nulla.

Io penso di no, perché se queste Indicazioni metteranno in primo piano la necessità di far raggiungere agli alunni determinati risultati formali, come la correttezza ortografica e la lettura di almeno tre libri all’anno il rischio è che ci troveremo di fronte a una scuola standardizzata.
Teniamo anche conto che un po’ per volta gli insegnanti meno giovani, che sono anche i più consapevoli, andranno in pensione e poi c’è l’incognita di come i dirigenti scolastici gestiranno la situazione.
Per questi motivi io non ho molti dubbi: le Indicazioni vanno respinte al mittente e sono molto contenta che molte associazioni professionali si stiano già muovendo in questa direzione. Non è solo una questione di resistenza, è una questione di proteggere la scuola da un ritorno a un modello che rischia di schiacciare pensiero critico e creatività”.