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Infermiera uccisa a Roma, fermato 45enne, forse un ex. I social insorgono e tirano in ballo la scuola: “Serve educare al rispetto”

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Ieri, 4 settembre, com’è noto, una infermiera di 52 anni, Rossella Nappini, è stata trovata morta a Roma, nell’androne della sua abitazione. Oggi la svolta nelle indagini, come riportano La Repubblica e Il Corriere della Sera: nella notte gli investigatori della Squadra mobile hanno fermato un cittadino marocchino di 45 anni fortemente indiziato di aver ucciso la donna con almeno 20 fendenti. A sentire le grida di aiuto due vicini che hanno trovato il cadavere.

Ancora donne vittime di violenza

La donna sarebbe stata vittima di episodi di stalking di recente che non aveva però denunciato. Sembra che tra lei e il 45enne ci sarebbe stata una relazione amorosa in passato. L’uomo, che è stato trovato nel suo appartamento, è stato portato a Regina Coeli. Le indagini, in ogni caso, non sono ancora concluse.

A ricordarla su Facebook, sono i colleghi dell’ospedale San Filippo Neri, dove la vittima lavorava: “È stata uccisa una donna, ancora una volta. Questa donna era una nostra infermiera, lavorava all’ospedale San Filippo Neri. Un femminicidio non è mai solo un episodio di cronaca. Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime. Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti”.

Si tratta dell’ennesimo femminicidio che ha luogo in Italia; per questo gli utenti dei social sono sul piede di guerra. Si discute ancora una volta di educazione al rispetto e all’affettività, che secondo molti viene accantonata da famiglie e scuola, la cui mancanza è alla base della nascita di rapporti amorosi tossici, come probabilmente quello tra la donna e l’assassino.

“Serve la consapevolezza prima di tutto della scuola”

Ecco i commenti di alcuni utenti: “Famiglie e scuole devono educare al femminismo, all’empatia, al rispetto e a combattere il patriarcato”.

“EDUCARE….EDUCARE…I MASCHI. GIA DA PICCOLISSIMI”.

“Siamo in piena emergenza e ‘qualcuno’ pensa che le passerelle a Caivano siano sufficienti. Educare e non voltarsi l’unica risposta”.

“Urge un’educazione forte sin dalle scuole primarie”

A dire la propria anche il cantante Ermal Meta, che si era esposto qualche giorno fa in merito ai fatti di Palermo: “È una mattanza senza sosta”, ha scritto su Twitter.

C’è anche chi non crede che si tratti di un problema educativo: “Scippi, rapine, pestaggi, truffe, omicidi, avete mai sentito che questi problemi si risolvono con la educazione?”, ha scritto un’utente su Twitter.

Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, ha parlato della questione a La Stampa: “Quel che ancora drammaticamente manca è la prevenzione, che riguarda la violenza di genere come fenomeno culturale, bisogna abbattere gli stereotipi e i pregiudizi. Serve la consapevolezza della società e dei suoi agenti formatori, prima di tutto la scuola”, ha denunciato.

C’è anche chi crede che più che la scuola dovrebbero attivarsi le famiglie per prevenire eventi tragici del genere. “Le taumaturgiche mura scolastiche, in cui gente pagata con lo sputo dovrebbe finire i programmi e al contempo educare, insegnare le lingue, il cinema italiano, i cantautori, l’ecologia, la costituzione, la moda, poi avviare al lavoro, fermare violenze e salvare vite, e poi volare. Sono anni che non entro in una scuola, magari, per carità, la situazione è cambiata e adesso fanno miracoli. Però la convinzione che quello che accade tra quelle quattro mura possa azzerare tutto ciò che c’è fuori e online mi sembra molto, molto comoda”, ha scritto sarcasticamente un utente su Twitter, per dire che la scuola non può magicamente sradicare la cultura maschilista dalla società.

Mattia (Pd): “Proposta di legge per promuovere l’educazione alla parità di genere”

“Un’altra donna uccisa, stavolta a Roma, dopo gli stupri di gruppo orrendi a Palermo e Caivano che hanno visto come protagonisti giovanissimi, conferma l’urgenza di agire in maniera strutturale per prevenire ogni forma di violenza di genere e che per farlo dobbiamo iniziare proprio dalle istituzioni in cui si formano le giovani generazioni. Vogliamo introdurre l’educazione di genere all’interno dell’attività didattica delle scuole sia all’interno dei programmi scolastici che con iniziative e progetti specifici perché è innanzitutto dal coinvolgimento di studenti, insegnanti e di tutta la comunità scolastica che deve partire la svolta culturale improntata al rispetto e alla dignità. Per questo ho depositato una proposta di legge in Consiglio regionale per promuovere l’educazione alla parità di genere e alla prevenzione delle discriminazioni e della violenza di genere nelle istituzioni scolastiche, universitarie e formative”. Così la consigliera regionale Pd del Lazio, Eleonora Mattia, membro della Commissione Pari Opportunità alla Pisana.

“Nel testo della proposta di legge, che prevede lo stanziamento di 300mila euro l’anno, sono individuati, tra le altre cose, istituzioni, enti (dalle forze dell’ordine specializzate all’Ufficio Scolastico Regionale al Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza), operatori scolastici coinvolti nella formazione e i soggetti (dai consultori famigliari ai centri antiviolenza, dalle associazioni di donne fino ad altri attori del terzo settore), che possono concorrere ad erogare la formazione attraverso la stipula di appositi protocolli con la Regione”, spiega Mattia.

“Auspico che questo testo possa diventare la base di confronto per un lavoro corale e trasversale anche con la maggioranza di governo Rocca, a partire da un consiglio regionale straordinario tematico. In tal senso mi auguro che l’assessora Regimenti, vista la sensibilità manifestata nell’individuazione di una serie di misure, faccia da facilitatrice, per la seduta del consiglio regionale straordinario quale laboratorio di idee e strumenti da mettere in campo”, conclude Mattia.