In questi giorni sta facendo discutere il caso di un’nfluencer da 140mila follower, a cui è stato ordinato di non pubblicare più foto di sua figlia, una minore, sui social, nell’ambito di una guerra legale con il suo ex compagno. Lo riporta Fanpage.
La donna ha un profilo Instagram che è praticamente basato sulle foto della figlia di quattro anni. Il padre della bimba, però, si è rivolto così alla legge: “Questa sovraesposizione sta danneggiando la crescita di una minore, senza il mio consenso”.
Il provvedimento, intanto, è stato adottato in via d’urgenza in attesa che la questione venga discussa in modo approfondito nel corso di una udienza apposita. Per la madre infatti, secondo quanto riporta La Provincia Pavese la scelta di esporre la figlia minorenne sui social sarebbe stata “naturale, perché le immagini sono condivise in maniera sana, senza secondi fini”.
Non dello stesso parere il padre che, nel ricorso, spiega come inizialmente abbia tollerato questa “sovraesposizione” mediatica per poi accorgersi dei “pericoli della rete” dopo aver notato che i video della figlia “vestita e truccata” su TikTok venivano “messi tra i preferiti” da alcuni utenti.
Da chiarire, secondo quanto sostiene il padre, anche il coinvolgimento della figlia in alcuni video e foto dove si mostrano vestiti indossati dalla bimba e i conseguenti codici promozionali per acquistarli nella caption.
Si tratta di una storia analoga a quella di Chiara Ferragni e Fedez: dopo la loro separazione i due hanno smesso di postare le foto dei loro figli, finora sovraesposti sui social. Si tratta di una ripicca o hanno davvero compreso quanto può essere pericolosa questa pratica? Ricordiamo anche che è stata presentata una proposta di legge sul tema dello sharenting, tema sempre più al centro dell’opinione pubblica.
Noi avevamo già trattato il tema quasi un anno fa. Il nostro collaboratore Dario De Santis, storico della scienza, ha realizzato un reel per sensibilizzare sui pericoli dello sharenting che è stato visto da più di due milioni di persone. Ecco il suo punto di vista: “Quando condividiamo una foto sui social infatti non la stiamo mostrando, ma stiamo diffondendo dei duplicati. Chiunque infatti, da Whatsapp a Facebook, può scaricare quella foto sul proprio device e farne ciò che vuole. Per quanto dunque il gesto assomigli molto a quello di mostrare una foto a un gruppo di amici, in realtà è qualcosa di profondamente diverso. E mentre i contatti digitali sono normalmente meno profondi e vincolanti di quelli fisici e reali, nel caso delle fotografie è esattamente il contrario: concedere l’amicizia a una persona su Facebook non significa farla entrare in “casa nostra”. Al contrario invece mostrare sui social una foto di nostro figlio in costume vuole dire permettere potenzialmente a chiunque di tenerne una copia.
Non penso di sorprendere nessuno affermando che esistono gruppi di pedofili che condividono anche materiale pescato dalla rete senza troppe difficoltà. Tuttavia, anche senza arrivare a uno scenario tanto inquietante, deve essere chiaro che il materiale condiviso in rete rimarrà per molto tempo a disposizione di tutti, anche di coloro che con noi non sono in contatto diretto.
I bambini non possono prendere una decisione di questo tipo, non hanno gli strumenti per riflettere sulle conseguenze di questo gesto; quando saranno grandi potranno decidere in prima persona se e cosa condividere di loro, comprese le tante foto dell’infanzia; ma se lo facciamo noi per loro prenderemo una decisione irreversibile.
Per cosa poi? Per un pugno di like? Mostriamo fisicamente le foto dei nostri bambini, stampiamole e teniamole in casa o regaliamole ai nostri cari, ma ricordiamoci che la condivisione di una foto digitale non è come mostrare un album di foto.
Si tratta di una questione rilevante, ancora poco dibattuta e lasciata alla coscienza di ognuno di noi. Sarebbe invece importante quantomeno riflettere sulle peculiarità di questo gesto per avviare a una discussione comune e stilare delle norme condivise.
Nel frattempo se proprio non possiamo fare a meno di condividere, postiamo in rete solo materiale fotografico che mostreremmo a un pubblico di sconosciuti”.
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