L’uso a scuola delle nuove tecnologie deve compiersi non solo nell’ora di informatica, ma deve abbracciare la didattica e la formazione a trecentosessanta gradi.
Il concetto è stato espresso dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in un messaggio inviato il 23 marzo al Meeting Nazionale sulla scuola digitale organizzato al Pilla di Campobasso.
“Stiamo lavorando affinché le nuove tecnologie non siano oggetto di studio in una circoscritta ora di informatica, quanto piuttosto presupposto di una didattica che si pone degli obiettivi di crescita e che lavori per raggiungerli attraverso nuove metodologie, potenziate dai mezzi di cui disponiamo oggi”.
Esprimendo soddisfazione per i laboratori e per gli incontri predisposti dal Centro ‘Impara Digitale’, Fedeli nel suo messaggio ha fatto il punto su nuove tecnologie e didattica: “con il Piano nazionale scuola digitale abbiamo stanziato oltre un miliardo di euro per il settennio 2014-2020 affinché l’innovazione digitale, ma non solo – sottolinea il ministro Fedeli – diventi sostrato ineludibile e trasversale dell’educazione delle nostre giovani e dei nostri giovani”.
“Abbiamo previsto misure di rinnovamento degli spazi di apprendimento, risorse per sostenere l’aggiornamento delle insegnanti e degli insegnanti, dell’intera comunità scolastica, interventi – ha detto Fedeli – per avvicinare le ragazze alle materie scientifiche e tecnologiche erroneamente considerate appannaggio delle menti maschili. Sono solo alcuni parziali esempi”.
Fin qui i buoni propositi della ministra dell’Istruzione. Ma come stanno messe le scuole in fatto di tecnologie digitali e connessioni al web? Perché tante scuole continuano a chiedere soldi ai genitori per sovvenzionare gli abbonamenti di connessioni on line?
Solo pochi giorni, nella sede dell’Anp, alla presenza della stessa Fedeli, hanno cercato di rispondere a questa domanda, l’Osservatorio eGovernmentdel Politecnico di Milano e daLink Campus University con il supporto dell’Università Roma Tre e in collaborazione con la stessa associazione presidi.
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Attraverso due distinte indagini, è emerso che solo il 55% degli istituti scolastici ha una connessione internet ADsl, il 29% in fibra ottica. Mentre nel 60% delle scuole esiste una Intranet solo per i servizi amministrativi.
Inoltre, nella didattica la diffusione delle tecnologie è ancora in gran parte “immatura” in quanto sono diffuse soltanto le dotazioni minime come, ad esempio, la connessione Internet in classe. Come se non bastasse, solo ancora tantissime le classi prive anche del computer.
Detto questo, il 75% delle scuole italiane ha digitalizzato in parte o completamente alcuni processi come la gestione delle classi, le supplenze, le comunicazioni con le famiglie e anche le iscrizioni sono diventate on line: il 39% è da considerare addirittura “fully digital”.
In quasi tutte le scuole (il 97%) il dirigente scolastico usa la firma digitale e nella maggioranza di esse (60%) il sito web è gestito da una risorsa interna con un incarico remunerato.
Si ricorda, inoltre, che in Italia sono solo 530 le scuole connesse a GARR, la rete nazionale dell’istruzione e della ricerca, che promuove la diffusione di collegamenti a banda larga tra gli istituti scolastici per favorire i processo di innovazione digitale nella didattica e il raggiungimento degli obiettivi fissati nell’agenda nazionale per l’istruzione.
Il dato è stato riportato a fine 2016 dal Corriere della Sera, riprendendo quanto riportato dal Consorzio GARR, che enumera pure le Nazioni europee dove la rete a banda larga è una realtà consolidata: nel Regno Unito 25 mila, in Grecia, grazie a d un progetto cofinanziato con fondi europei, dal 2004 sono collegate tutte le scuole, l’Irlanda ha iniziato con un primo progetto nel 2005 e oggi è impegnata in un importante aggiornamento delle infrastrutture.
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