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Ingegnera lascia il lavoro per insegnare: “Prima guadagnavo di più, ma la vera ricchezza è il tempo. A scuola sono felice”

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January 23, 2025

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Un’ingegnera che oggi ha 43 anni, romana, con una carriera brillante in corso, ha deciso di lasciare il lavoro per fare qualcosa che per lei è decisamente più appagante: insegnare. Anche se il suo stipendio è ora più basso, la donna dice di sentirsi felice e ha raccontato la sua storia a La Repubblica.

“Mi sono resa conto che tornavo sempre a casa tardi. Spesso le riunioni iniziavano alle 18. Ho capito che ti perdi tante cose. E mi mancava anche qualcos’altro. Quel lavoro mi riempiva la testa, ma non il cuore. Non ero appagata. Così, quando sono rimasta incinta, ho deciso che dovevo cambiare vita”, ha esordito. Così il coraggio di intraprendere un percorso totalmente diverso.

Gli inizi nella scuola in carcere

“All’università aiutavo sempre i compagni di corso a ripetere le lezioni e a superare gli esami. Mi divertivo a rendere semplici gli argomenti difficili”, ha aggiunto. “Ho preferito insegnare a dei detenuti, piuttosto che affrontare come prima esperienza di insegnamento una classe di adolescenti. Lo rifarei altre mille volte. È stata una sfida ma con loro dovevo solo trasmettere il mio sapere e creare dei rapporti umani. Non dovevo educare. Non c’era bisogno di dare troppe regole. Insegnavo a miei pari, e quel primo anno mi è servito moltissimo. Ero la loro docente di fisica, all’istituto agrario del carcere. Ho imparato come relazionarmi con una classe, come preparare una lezione, e andavo con gioia, anche se avevo la bambina da allattare“, ha raccontato.

Poi, il passaggio alle scuole superiori fuori dal carcere. “Per insegnare matematica ho dovuto fare un master. E per diventare di ruolo dovrei prendere l’abilitazione, ma ancora non ho tempo per prepararmi. Quindi faccio supplenze annuali. Ogni anno mi possono chiamare in scuole diverse”, ha spiegato la docente, che lavora in un liceo di Roma.

Negli anni, infatti, la donna ha conosciuto diverse realtà, molti istituti professionali, con ragazzi difficili. “Così avevo più possibilità di essere assunta. In generale, a casa tornavo sempre col sorriso. Spesso erano ragazzi semplicemente parcheggiati. Qualcuno aveva voglia di imparare, ma la maggior parte non era interessato. La cosa difficile è instaurare dei rapporti. All’inizio è stata dura, ma poi ho avuto grandi soddisfazioni, vedere i miei studenti che miglioravano nelle mie materie è stato molto gratificante. Un anno in particolare è stato meraviglioso. Ho fatto potenziamento a una professoressa eccezionale. Pretendeva molto dai ragazzi, era rigida. Ma era anche molto umana. Poi ha avuto un problema di famiglia e mi ha lasciato la cattedra. L’ho presa come modello: non faccio sconti, ma do tantissimo. Da lei ho imparato la voglia di educare e di donare sapere”.

“Il tempo è denaro”

“Quando entro a scuola sono sempre felice. Sono felice tutte le mattine. Non solo perché i ragazzi mi riempiono di affetto. Ma mi offrono gli strumenti per capire la vita, per comprendere meglio i miei figli. E mi sento sempre giovane. Ogni tanto, quando sento qualche mio ex collega che parla di lavoro, rinasce la vecchia passione. Ma non tornerei mai indietro. Sono responsabile dell’educazione degli adulti di domani. Dovranno costruire la loro vita anche grazie a quello che io gli ho trasmesso. L’ingegneria è più fredda. Non dai una parte di te a una giovane mente. Ho scoperto che l’insegnamento era il mio lavoro. Certo, è faticoso. E mi piacerebbe avere un posto fisso. Ma è meraviglioso comunque”, questa la sua motivazione.

Prima ovviamente la docente guadagnava di più: “Certo, ma in realtà, se mettiamo tutto sul piatto della bilancia, non è vero. Primo perché la vera ricchezza è il tempo. Non ha prezzo. E poi perché il tempo è realmente denaro. Basti pensare ai soldi che avrei speso in babysitter. Ma soprattutto i soldi vanno e vengono. Il tempo non torna più. Se arrivi a casa stanco la sera, poi, non hai voglia di ascoltare, non hai la lucidità per seguire al meglio i tuoi figli. Invece io ho la voglia, la lucidità e la forza di farlo”.

Bancaria lascia il posto fisso per insegnare a 260 chilometri da casa

Non è la prima volta che si ha notizia di una storia simile. Tempo fa abbiamo parlato di una bancaria di 48 anni che abita nella provincia di Rovigo ha deciso di lasciare il suo posto fisso, vicino casa, per andare a insegnare economia aziendale a 260 chilometri da casa, in provincia di Pordenone, in un’altra regione, decidendo di impiegare circa quattro ore di macchina nel tragitto casa-scuola.

“Lavoravo da 16 anni in banca, nella filiale praticamente a due passi da casa. Avevo un contratto a tempo indeterminato. Il mio sogno, però, era quello di fare l’insegnante. Ho dunque partecipato all’ultimo concorso ma mai avrei pensato di vincerlo. Mi sono chiesta: sono davvero felice? Dopo questa riflessione, non ho avuto dubbi. Mi sono licenziata e sono partita per questa nuova avventura”, queste le sue parole.

“Ho due bambini di 9 e 12 anni e sono separata – racconta la neo insegnante – sono fortunata perché i miei genitori mi aiutano. Al mattino mi alzo alle 5, ci prepariamo e io parto per raggiungere il Friuli. Purtroppo, dove abito non c’è un’entrata autostradale comoda, percorro quindi una strada abbastanza trafficata e pericolosa. Se va tutto liscio, dopo circa due ore, arrivo a Sacile, puntuale per la lezione. La strada non mi pesa, meglio fare una fatica in più, ma sentirsi realizzati. È il consiglio che do anche ai miei studenti: osate e inseguite i vostri sogni. Certo, spesso i sogni costano fatica”.

“Quanto lavoravo in banca, durante i colloqui per le assunzioni, vedevo tanti giovani chiedere subito informazioni su ferie, giorni liberi, pagamento degli straordinari. Anche al primo impiego, non c’è sempre voglia, tra le nuove generazioni, di fare qualche sacrificio in più per realizzare i propri obiettivi professionali. Prima della banca ho fatto diversi lavori, tutte esperienze che mi hanno permesso di crescere e, soprattutto, che mi hanno convinto a non rinunciare mai ai miei sogni. Anche a 50 anni, può arrivare, infatti, la svolta”, ha aggiunto, parlando dei giovani di oggi.

“Tante mamme si alzano presto per andare al lavoro, non sono certo l’unica. La mia storia spero possa essere un esempio per i miei studenti e per chi non si sente più bene nel proprio ruolo professionale, ma non ha il coraggio di cambiare. In particolare le donne. È infatti considerato ‘normale’ quando è il papà a lavorare lontano da casa, quando capita ad una mamma, la scelta fa, invece, ancora discutere”, ha concluso.